Mentre la stampa nazionale dedica pagine e spazi per aggiornarci con dovizia di particolari sulla “vicenda Marino”, in Sud Sudan si sta consumando la ripresa di una guerra civile che fa paura e mina alla radice il travagliato percorso verso lo sviluppo del Paese.

L’evacuazione e il rientro

Ospedale di Lui, stato del Western Equatoria, una popolazione di 150.000 abitanti, una scuola per ostetriche con 20 studenti, personale locale e un team di 13 operatori Cuamm tra medici, ostetriche e logisti. Poco più di un mese fa le forze governative cominciano a sparare contro i ribelli, i cosiddetti “arrow boys”, e l’area diventa un inferno. Si spara mattina, mezzogiorno e sera; i nostri asserragliati dentro le case del compound, uniche costruzioni in muratura. Le linee telefoniche sono saltate, si parla solo attraverso il satellitare. E quando parli con i nostri, senti in sottofondo i colpi ripetuti e vicini dei kalashnikov. Non è facile rimanere lucidi e non lasciarsi prendere dall’ansia. Enrico, il nostro giovane amministrativo, mi rassicura sulla sua determinazione a restare, consapevole che anche la sola presenza fisica facilita il dialogo e la mediazione fra le parti; ma mi ricorda, un po’ scherzando e un po’ piangendo, che a breve si dovrebbe sposare con Chiara, la sua fidanzata, rimasta in Italia…. Dopo pochi giorni si decide per l’evacuazione a Juba mentre l’ospedale viene mantenuto aperto per i servizi curativi essenziali. Il confronto con le varie autorità locali è aspro e difficile ma dopo una settimana si decide per il rientro del nostro team all’ospedale. Loro, per quanto possono, ci assicurano la necessaria protezione e sicurezza.

Gli sfollati

Ora la situazione è tesa e molto confusa (non si capisce quali sono le forze in campo e chi decide) ma almeno non si spara più. La gente del posto è terrorizzata e ha paura. Qualcuno è stato ammazzato, qualche casa o ufficio è stato bruciato e saccheggiato: tutti hanno fame! Le famiglie abbandonano capanne, villaggi, quel poco che hanno e scappano. Si accampano nelle località limitrofe dove la situazione sembra essere un po’ più tranquilla. Nell’area che circonda l’ospedale ci sono circa 20-30.000 sfollati che hanno bisogno di tutto.

La verifica delle condizioni degli sfollati

Il nostro impegno

Continuiamo il nostro lavoro in ospedale: assistiamo le mamme a partorire e i bambini che si ammalano di malaria e diarrea, oltre agli inevitabili feriti da arma da fuoco. Abbiamo poi iniziato ad assistere i tanti disperati e le numerose famiglie che stanno scappando e necessitano di ogni cosa: acqua, cibo, coperte perché di notte fa freddo, assistenza sanitaria di base. C’è bisogno immediato che qualcuno li soccorra e si prenda cura di loro. L’obiettivo adesso è la sopravvivenza. E con questa, mantenere viva la fiducia in un futuro diverso e migliore, nonostante tutto. Noi ci siamo e cerchiamo di fare la nostra parte, anche con il tuo aiuto!

don Dante Carraro
direttore di Medici con l’Africa Cuamm

 

Come puoi aiutare

Con 50 euro doni a una famiglia un “kit emergenza” con cibo, coperte, bacinella e sapone
Dona ora

Con 100 euro assicuri 10 zanzariere per prevenire la malaria
Dona ora

Con 500 euro copri i costi di una giornata di missione di una clinica mobile per somministrare vaccini, visite prenatali e controlli dello stato nutrizionale dei bambini
Dona ora

Puoi donare anche con

  • c/c postale 17101353 intestato a Medici con l’Africa Cuamm
  • IBAN: IT 91H0501812101000000 107890 per bonifico bancario presso Banca Popolare Etica, PD

⇒ Ascolta l’intervista a Giovanni Putoto, responsabile Programmazione del Cuamm, raccolta da Radio Vaticana mercoledì 4 novembre 2015 

 

 

Related News