Carissimi,

eravamo presenti in Sierra Leone prima dell’Ebola, ci siamo rimasti durante l’epidemia, e continuiamo a lavorare adesso che l’Ebola si è ridotta, anche se ancora non molla la presa. Non è stile di casa nostra il “mordi e fuggi”. Anche adesso che la Sierra Leone e l’Ebola non fanno più notizia, noi sentiamo il dovere di mantenere un’attenzione rispettosa e vicina verso quella gente e quelle terre così piagate (e piegate) dal dramma che le ha sconvolte.

Scrive Donata Dalla Riva, del nostro Settore progetti, in missione nel Paese:

«Purtroppo oramai molti parlano di endemizzazione dell’epidemia… Ebola si è adattata alla popolazione ed emergono sporadicamente quei 1-2 casi, ogni tanto. Le 3 aree ancora “colpite” sono Port Loko, Western Area, Kambia districts. Le varie cooperazioni presenti (quella britannica ma anche quella italiana) hanno deciso di intensificare il supporto su Ebola in particolare, ma non solo, in questi 3 distretti. Nel frattempo, la scorsa settimana, ci sono stati anche 3 casi confermati e 1 sospetto in Liberia perciò anche nel distretto di Pujehun (che confina con la parte nord del Paese limitrofo) la guardia non è ancora abbassata. Nell’ultimo periodo, nel distretto, ci sono stati una media di 3-4 casi sospetti alla settimana, poi non confermati. Il medico responsabile del distretto (DMO) ci chiede di dare continuità alle attività a Kpanga Holding Unit, di “chiudere” Zimmi holding center e di completare l’allestimento di altre 4 unità permanenti di isolamento.

Sfoglia il fotoracconto della missione del Settore progetti del Cuamm in Sierra Leone:

Qui c’è davvero una strana atmosfera: check points, punti lavaggio mani, cartelloni per riconoscere segnali e sintomi ovunque ma, di fondo, il sorriso della gente. Tutto sta tornando lentamente alla normalità. Siamo passati al mercato di Gbondapi chiuso da mesi e oggi alla prima riapertura, un fermento, merci, gente dovunque. C’è voglia di tornare alla normalità. Ieri la responsabile di un posto di salute ci ha detto che hanno ricominciato a testare per la malaria (durante Ebola era stato sospeso il rapid test check per la malaria).

Normalità che però è anche piena di rassegnazione. Ieri abbiamo visitato il Maternity Complex di Pujehun. Davvero il numero di parti è aumentato e, soprattutto, il numero di emergenze ostetriche assistite sta crescendo molto. Grazie al lavoro dei nostri (fiducia) ma grazie soprattutto al sistema di riferimento dal territorio all’ospedale che è stato intensificato moltissimo. C’era una donna, 11 parti, 4 figli sopravvissuti, riferita a Pujehun per parto ostruito. Un’altra è stata trasportata lunedì notte a Pujehun da Jendema (confini con la Liberia): una donna in travaglio con un parto ostruito che si è fatta circa 110 km di ambulanza (quasi 5 ore di auto in quelle piste) per ricevere assistenza a Pujehun.

Il numero di bambini che muoiono per le solite cause principali (malaria, diarrea, infezioni respiratorie) rimane molto alto, si parla di circa 2.000 bambini/anno nel distretto ma una statistica precisa non c’è. Anche la percentuale dei malnutriti è tra le più alte del Paese. Oggi ho incontrato il dr. Bome, DMO di Pujehun, che ha condiviso le tante necessità che vede e tocca ogni giorno. Tra tutte: infrastrutture, trasporti per il riferimento, farmaci, supervisioni, formazione. E ha aggiunto: “E la presenza dei vostri medici. Non potremmo farcela senza. Ci sono 113 medici in Sierra Leone e 12 sono morti di Ebola… La maggior parte si ferma a Freetown”.

A Freetown si stanno pianificando le attività post-Ebola: a dicembre dovrebbe partire il nuovo Censimento nazionale (previsto per dicembre scorso), il Ministero della Sanità ha lanciato delle nuove linee guida per il partenariato con le Ong, il nuovo Health sector strategic plan e il nuovo Basic package of essential health intervention. Molte energie si concentreranno sulle primary health care units, che sono davvero tante e capillarmente diffuse, ma poco supporto e pochi partners per sostenere gli ospedali, che rimangono cruciali per la gestione delle emergenze e per il riferimento dei casi severi.

Quando dici Cuamm a Freetown, dicono : “Ah Cuamm! Pujehun!” Cosa viene chiesto al Cuamm oggi, nella fase del post-Ebola? Supportare gli ospedali (le C-EmONC=Comprehensive Emergency Obstetric Neonatal Care) e il riferimento efficace e tempestivo delle emergenze (ostetriche ma anche infantili) dalle unità periferiche agli stessi. Rafforzare le strutture sanitarie periferiche per riferire correttamente i casi e per gestire le emergenze basiche. Supportare il sistema di raccolta dati perché ci sia adeguata gestione e pianificazione delle attività sanitarie. E sarà proprio questo il nostro impegno! È sicuramente la nostra mission, quella per la quale siamo arrivati qui nel 2012 e con questa conquistata fiducia da parte della gente e delle autorità sanitarie distrettuali e nazionali credo proprio che riusciremo a dare il nostro contributo a un Paese stremato.

Anche Lunsar, nel nord, secondo ospedale che abbiamo aperto a partire dallo scorso febbraio, sta progressivamente riprendendo la sua capacità di diagnosi e cura dando fiducia alla popolazione, rispondendo in particolare alle emergenze ostetriche e chirurgiche. Le potenzialità dell’ospedale sono molte (la sala parto e  lo staff sono sicuramente adeguati) ma c’è ancora molto lavoro da fare per avvicinare le donne all’ospedale».

Grazie di cuore a tutti voi che in questa terribile tragedia che ha colpito la Sierra Leone ci siete stati cari e fattivi compagni di viaggio. La vostra vicinanza e il vostro affetto ci hanno sostenuto e dato coraggio. Le sfide sono ancora tante e costanti. Continuate a starci vicino con il vostro aiuto.

don Dante Carraro
direttore di Medici con l’Africa Cuamm


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