Carissimi,
31 dicembre. Notte di San Silvestro in Sierra Leone, al tempo di Ebola.
In casa Cuamm, cena solenne adeguata all’occasione: una carbonara, 3 fettine di buon salame bergamasco, un triangolino trasparente di grana e uno spicchio di pandoro Balocco, bendidio arrivato con me dall’Italia. Il tutto accompagnato da due caraffe di acqua filtrata, sufficientemente fresca. Andrea è a Freetown da amici, con me a Pujehun ci sono Enzo, Mariangela e Matteo. Clara ha staccato un po’ ed è in Italia.
Poco dopo le dieci Enzo è chiamato in ospedale per un parto ostruito di una giovane mamma trasferita qui da Sendama, lontana 3 ore di pista in Toyota. Noi ci salutiamo e andiamo a dormire. Domani mattina appuntamento alle nove per gli auguri e la Messa di inizio anno che faremo in casa, privatamente.

Fuori c’è silenzio e buio. Non botti, non luci, non feste, non balli.

Non ti fa tanto strano. Ti sembra un segno doveroso di rispetto verso gli oltre 2700 caduti di cui 110 operatori sanitari. Molte famiglie ancora piangono un figlio, un familiare, un affetto che non c’è più. In quel silenzio c’è anche tutta la gente che è stufa di morte e malattia. Vorrebbe ballare e cantare ma non può. È vietato: la malattia è ancora in agguato e potrebbe colpire di nuovo.

Quando parli di Ebola la gente chiude subito: “…..ma per febbraio, massimo marzo, finisce tutto”. Vogliono tornare alla vita normale. Sono otto mesi che i bambini gironzolano per strada e non vanno a scuola, da settembre anche molte chiese e ospedali sono chiusi, non c’è commercio e i prezzi salgono, non si possono salutare parenti e trovare amici. Finirà. Deve finire. Questo mostro si è già mangiato un pezzo del nostro futuro; deve finire presto!! Nel Paese, ad oggi, i casi hanno raggiunto quota 9446, quasi 1500 in più della Liberia. La nostra area, per una buona dose di fortuna e qualcosa di buono realizzato, sta mostrando piccolissimi segnali di miglioramento. Insieme si affrontano le situazioni, anche le più drammatiche, e insieme ci si dà coraggio.

“Il vostro essere qui con noi in questi mesi e il vostro continuare a esserci per il futuro, ha dato a noi tutti la forza di non scappare, di rimanere, di non sentirci abbandonati, di continuare a lottare. E con noi le mamme e i bambini che, nonostante la paura, hanno continuato a venire in ospedale e a darci fiducia”.

Sono state le parole del Dr. Kebbi, il direttore locale del nostro ospedale. I giorni scorsi ho visitato il nord del Paese. Ospedale di Lunsar: chiuso. Maternità di Port Lokko: chiusa. Ospedale governativo e quello diocesano di Makeni: chiusi. Sotto la coperta del vivere quotidiano si sta consumando un dramma nascosto e taciuto, quasi con vergogna e ineluttabilità; quello di tante mamme e bambini che muoiono a casa, abbandonati, senza ogni cura!!

Non possiamo, il Cuamm per primo, far finta di non vedere o sapere. Da questi posti sale, come un urlo soffocato, una richiesta urgente e grave di aiuto. E lo daremo!

Stamattina, primo gennaio 2015 a Pujehun, una giovane donna con una grande tinozza piena d’acqua sopra la testa mi incrocia mentre torno dalla mia corsa mattutina e con un sorriso che mi è entrato fin nelle viscere, mi grida forte: “Happy New Year!!”. Un augurio dolcissimo e tenace che è già diventato in me rinnovato impegno e ostinazione. È anche il mio augurio a ciascuno di voi: Happy New Year!!

Don Dante Carraro
direttore di Medici con l’Africa Cuamm

Leggi anche il nostro blog “Diario da Ebola” on line sul sito di Rainews24

 

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