Nyal, prima tappa in Sud Sudan.
Da Juba in aereo fino a Rumbek (ex stato dei Laghi) e da qui in elicottero per 40 minuti, fino a Nyal, nel sud dell’ex stato di Unity. In auto non si può andare, troppo pericoloso. È l’area di confine tra le forze governative e i ribelli e la guerriglia è quotidiana. Sul posto vivono circa 70.000 persone, poverissime e senza assistenza sanitaria. Negli ultimi due anni molti si sono rifugiati a Nyal per scappare dal dramma della guerra, fatto di scontri e abusi. Vengono chiamati IDP (Internal Displaced People) e sono in gran parte mamme e bambini, ragazze giovani, spesso vedove che hanno subìto violenze e umiliazioni, con a seguito 3-4 bambini piccoli. Vivono nascoste nelle immense paludi (swamps) che costeggiano il Nilo, in baracche di fortuna, coperte da bianchi teli di nailon forniti dalle organizzazioni umanitarie. Alcune di queste le abbiamo raggiunte dopo un’ora di canoa. Drammatico toccare con mano la vita di queste giovani povere mamme. Abbandonate, affamate e senza alcuna cura sanitaria. È qui che si stanno concentrando gli sforzo di Giovanni, Giuseppe e Marco, assieme al personale locale, per garantire cibo, vaccinazioni e farmaci essenziali. È un grosso lavoro logistico/sanitario perché si tratta di zone davvero difficili: non esistono strade, solo immensi e infiniti acquitrini. Essere un piccolo segno, concreto, di vicinanza, premura e cura: questo è quello che ci motiva e ci spinge.
Un abbraccio forte, ciao
D.Dante