Essere medico, per Maria, voleva dire curare sempre rispondendo alle necessità dei malati, capire l’origine dei sintomi, trovare rimedio e non tirarsi indietro; la professione come missione faceva parte della sua mappa genetica. Quando scriveva dall’Africa, raccontava cose tremende come fossero normali, ci scherzava, le accettava, o cercava di farlo, ma noi sapevamo che lavorava per cambiare abitudini sbagliate, senza criticare, proponendo nuove tattiche in sostituzione di vecchi sistemi, diplomatica e testarda. Scrive dalla sua primissima esperienza in Africa, laureata da un paio d’anni:
«Sono partita per il Kenya un po’ per caso, curiosa e contenta di poter fare un’esperienza diversa, con vaghe idee di servizio. Sono tornata con la gioia di aver fatto un’esperienza meravigliosa che vale sicuramente la pena di vivere. E’ difficile giustificare agli altri questa gioia, spiegare da dove nasce. Sono stati solo 30 giorni, ma pieni e vissuti intensamente in una maniera e in un modo che non sono i nostri, ma nei quali non ho fatto fatica a entrare. La sensazione di “essere arrivata a casa” è stata immediata, prima istintiva e poi sempre più consapevole. Mi vengono in mente le facce delle persone incontrate per strada, al lago, ai safari medici… Persone che fanno una vita dura, senz’acqua, senza medicine, senza tutte quelle cose che noi riteniamo indispensabili; eppure da noi se ne incontra poca di gente così cordiale, gentile, capace di stupirsi ed essere riconoscente per le cose quotidiane».
Con questo stesso spirito, con questi stessi occhi, Maria ha continuato, in Tanzania, in Burkina, Uganda e Angola, ad affrontare una sempre difficile quotidianità.
«Vieni matta per tirar fuori un neonatino asfittico e poi ti muoiono dieci bambini marasmatici… Bisogna fare quello che si può con tenacia, ma senza l’illusa presunzione di cambiare il mondo. “La vita è la realizzazione del sogno della giovinezza” è una frase che mi piaceva molto e che sono contenta di continuare a trovare giusta, anche se di questo sogno ho lasciato per strada molti pezzi; speriamo rimanga e si faccia più evidente l’essenziale».
Noi, abbiamo solo provato a cogliere i suoi nemmeno troppo velati inviti. Con i suoi amici, con Medici con l’Africa Cuamm, ci siamo a poco a poco avvicinati alla sua Africa e, come ama dire la sua amica Chiara, siamo diventati giardinieri dei semi che lei ha piantato.
Cristina Bonino,
sorella di Maria Bonino
Verso l’Annual Meeting
Al ricordo di Maria Bonino sarà dedicata anche l’edizione 2015 del nostro Annual Meeting, che vuole fare il punto sul progetto Prima le mamme e i bambini e sull’intervento di Medici con l’Africa Cuamm nei sette paesi in cui è impegnata.