In Italia, in un reparto di Terapia Intensiva Neonatale il tutto è filtrato dall’incubatrice, una campana protettiva, isolante e calda; ci sono sensori che controllano la frequenza cardiaca, la temperatura, lo stato di ossigenazione e talvolta tubicini nel naso o nella bocca che garantiscono alimentazione e respirazione. In questo scenario il piccolino sembra un guerriero (con alleati al seguito). Lo è.
A Wolisso, in Etiopia, un neonato pretermine (il più piccolo che ho avuto l’onore di assistere pesava 900 grammi, meno della confezione da chilo della nostra amata pasta) giunge portato dall’ostetrica in un’incubatrice, che in realtà non è monoposto bensì, cambiando l’orientamento dei neonati, una “camerata” da quattro o cinque posti. È nudo, indifeso e microscopico, ha difficoltà respiratoria ma deve sbrigarsela da solo, non è ancora in grado di coordinare suzione e deglutizione ma deve provarci comunque. In questo scenario il piccolino sembra un guerriero, anzi lo è. Senza alleati al seguito, però.
Aberash, la piccolina di 900 grammi, è stata ricoverata nella Neonatal Care Unit di Wolisso per 21 giorni. Ha ricevuto zucchero e sale nelle sue esili vene, le è stato somministrato antibiotico per sette giorni, ha beneficiato di un filo (nel senso letterale del termine) di ossigeno, è stata dapprima alimentata attraverso un sondino nasogastrico ed in seguito “by cup” (con la tazza: basta togliere via il collo di una fialetta di plastica da 10 ml ed ecco una tazzina per il latte!). Non ho mai visto un biberon là in Etiopia.
Aberash ha iniziato a respirare bene, non ha mai avuto febbre. Non potevo credere ai miei occhi quando la osservavo completare la poppata. La sua mamma le è sempre stata a fianco col suo latte: la sua speranza, la sua premura… il suo amore nei gesti, nella voce. In 21 giorni di ricovero Aberash ha raggiunto un chilo di peso. Che gioia!
Passati i 21 giorni, il mio capo (la mia tutor, la mia amica Eleonora) mi ha detto: «Oggi Aberash va a casa: non fa terapia, si attacca al seno della mamma, non ha altro da fare qua!». Sono rimasta senza parole. Pensavo al suo peso: un chilo. Pensavo alla sua fragilità, pensavo che dovesse crescere in un ambiente protetto ancora per qualche tempo… ero spaventata. Eleonora invece era determinata nelle sue parole, sicura e salda della sua esperienza. Aberash è andata a casa ed è tornata a controllo dopo 7 giorni: cento grammi in più! È ritornata dopo un’altra settimana: altri 150 grammi in più! Una vera guerriera!
In Africa la legge, la selezione della natura è al di sopra di tutto e tutti, è ineluttabile il “così deve andare”. Ho dovuto stravolgere il mio modo di pensare così come ho capito che è possibile far stare quattro neonati in un’incubatrice. Per quei 21 giorni abbiamo accompagnato la piccolina, le abbiamo agevolato il cammino. Poi ha fatto da sé, ha lottato da sola. E in quel giorno del controllo del peso sì, mi è parso che sorridesse.
Il racconto di Silvia Varano, specializzanda in Pediatria di Bari che ha passato sei mesi come JPO a Wolisso, ci porta nella quotidianità più profonda del nostro essere con l’Africa. La sua storia è una delle tante storie di speranza e orgoglio che “scriviamo” tutti i giorni con questo continente. “Prima le mamme e i bambini” è un’impegno che abbiamo preso con “quelli dell’ultimo miglio” nel 2011 e che sta per concludere il primo ciclo di attività. Per questo motivo l’invito all’Annual Meeting del prossimo 5 novembre è per noi qualcosa di speciale.
Il 5 novembre daremo conto di quanto realizzato in questi cinque anni di vita del progetto e racconteremo gli obiettivi raggiunti con il Presidente della Repubblica Mattarella, il Cardinale Pietro Parolin Segretario di Stato Vaticano e tanti altri ospiti e amici. L’Annual Meeting sarà l’occasione per presentare a tutti un nuovo ciclo di “Prima le mamme e i bambini”, forte degli insegnamenti appresi in questi anni, e lanciare il nuovo piano quinquennale del progetto.