Si sono riaccesi gli scontri in Sud Sudan tra le fazioni opposte di Salva Kiir, presidente del Sud Sudan, e Riek Machar, vicepresidente. A Juba è guerra. Si parla di 300 vittime tra venerdì 8 e domenica 10 luglio, proprio il giorno dopo l’anniversario dell’indipendenza dal Sudan. Il nostro personale impiegato a Juba è al sicuro, ma costretto nel compound in attesa che gli scontri finiscano. C’è massima allerta per la popolazione civile che, come sempre, è la principale vittima della guerra.

Da Juba ci aggiornano così sulla situazione:

«Gli scontri sono cominciati venerdì in mattinata. Ora siamo barricati dentro il compound. Il gasolio sta terminando e dobbiamo razionare l’uso della tecnologia e delle comunicazioni. Nelle aree di intervento del Cuamm, dove sono impiegati altri 15 italiani e 39 africani (ugandesi, kenyoti, nigeriani e congolesi), invece, la situazione rimane tranquilla. Nelle 7 contee (Yirol West, Rumbek North, Rumbek Centre, Rumbek East, Wulu, Cuiebet e Mundri East), in cui sosteniamo 81 strutture sanitarie periferiche e 3 ospedali, si continua a lavorare e a garantire cure e assistenza alla popolazione. La speranza è che la situazione non degeneri anche lì, perché sarebbe una guerra disastrosa per un paese così fragile e povero come il Sud Sudan».

Dal Cuamm il pensiero di Don Dante Carraro va ai nostri cooperanti:

«Ora l’attenzione principale è per i nostri cooperanti impegnati sul campo. Siamo in continuo collegamento con loro per monitorare la situazione. Questo ennesimo scontro avviene a ridosso dell’anniversario dell’indipendenza e va ad aggravare una situazione già molto fragile e delicata. La gente è terrorizzata, ha paura. Non c’è garanzia di futuro. Medici con l’Africa Cuamm continua a garantire l’impegno per la salute della popolazione che purtroppo è la principale vittima in questi casi».

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