Carissimi,

prima di tutto il nostro grazie. In questa situazione di emergenza, dove difficoltà, sofferenza e tensione sono palpabili, riusciamo a sentire costante e forte l’affetto, il sostegno, il supporto di tutti voi e questo fa davvero bene; aiuta a trovare la forza e il coraggio per andare avanti, ancora più convinti che chi ha bisogno non va dimenticato e non va lasciato solo in un momento così difficile.

La situazione in Sierra Leone continua a rimanere grave. I casi e le morti attribuiti a Ebola sono ancora in aumento (secondo gli ultimi dati WHO in Sierra Leone sono 392 le morti legate all’Ebola di cui 353 accertate) anche se qualche lieve segnale di rallentamento dell’epidemia sta emergendo. Nel distretto di Pujehun sono stati alzati ulteriormente i livelli di guardia. Due delle tre aree “focolaio” dove sono stati registrati casi di Ebola, Zimmi e Potoguru, sono state messe in “quarantena”. Queste aree ora sono isolate da cordoni sanitari, rafforzati anche da posti di blocco dell’esercito e della polizia che impongono alla popolazione il divieto di ingresso e uscita. Questo, nel tentativo di evitare in ogni modo la diffusione del virus. Sempre nel distretto di Pujehun, nelle aree di confine con i distretti limitrofi, in particolare quelli di Bo e Kenema, sono stati istituiti alcuni check-point. Qui, team composti di personale sanitario, soldati e poliziotti effettuano quotidianamente screening sulle persone di passaggio con accertamenti dell’identità e controlli sanitari per verificare che non siano presenti sintomi, come il vomito o la febbre, simili a quelli dell’Ebola.

Come ci spiega il responsabile Programmazione Cuamm, il dottor Giovanni Putoto, «questi provvedimenti di salute pubblica, anche se di natura restrittiva, diventano fondamentali per il controllo dell’epidemia nel territorio. Il coinvolgimento della comunità e la collaborazione della popolazione con gli operatori sanitari diventano indispensabili. Questo richiede un’opera capillare e paziente di informazione e formazione che è quello che i nostri operatori sul campo stanno facendo, in stretta sinergia con le autorità locali. Su questo fronte si sta concentrando il grande sforzo del Cuamm che comunque continua a prestare servizio anche nell’ospedale di Pujehun, uno dei cinque ospedali della Sierra Leone attrezzato con reparto di isolamento. Negli ultimi giorni non si sono registrati nuovi casi, ma si attendono i risultati dei test per un nuovo caso sospetto rilevato lunedì scorso: una donna proveniente da Zimmi, una delle due aree in “quarantena”, che ha mostrato alcuni sintomi che richiamerebbero al virus. Consola sapere che, nonostante la paura, la gente continua a venire in ospedale: nei giorni scorsi ci sono stati tre parti assistiti di cui un cesareo! Per non parlare dei bambini che continuano ad essere ricoverati e curati. Sono segnali che ci stimolano e ci danno fiducia».

In tutto questo a darci coraggio c’è l’esempio della popolazione di Pujehun. La scorsa settimana le famiglie dell’intero distretto (circa 300.000 persone), non sottoposte a isolamento sanitario, si sono auto-tassate per poter aiutare, con cibo e generi di prima necessità, la popolazione chiusa e bloccata all’interno del cordone sanitario: esempio splendido di solidarietà e vicinanza, concreta e fattiva. Questo non si legge sui giornali ma succede, in Sierra Leone.

Con grandi sforzi e grazie anche all’aiuto di tutti voi, siamo riusciti finora a mantenere un buon livello di protezione del personale dentro l’ospedale: con guanti, mascherine, grembiuli, stivali in gomma e l’equipaggiamento necessario. Dobbiamo raggiungere ora i 75 centri sanitari periferici per portare le stesse dotazioni di protezione utilizzate nell’ospedale. Abbiamo cominciato con i tre centri focolaio ma è necessario allargare questo intervento a tutti i restanti. Abbiamo fiducia, sentiamo che dobbiamo andare avanti, perché ce lo chiedono le tante mamme, bambini, uomini e donne terrorizzati dall’Ebola e con loro anche tutti voi che ci state sostenendo con piccoli e grandi gesti, ognuno con quello che può, e questo per noi è il segno che il bene è davvero capace di arrivare anche negli angoli di mondo più lontani, più fragili.

Abbiamo letto con gioia e commozione la notizia della dimissione dall’ospedale del medico e dell’infermiera negli Stati Uniti. Se questo siero “Zmapp” funziona, speriamo davvero che la guarigione possa arrivare anche lì, tra la gente che ne ha più bisogno, tra quelle persone che sole non ce la farebbero.

Vi scrivo queste poche righe in partenza per la Sierra Leone dove sarò per toccare con mano questa realtà, stare vicino ai nostri che lì sul posto donano professionalità e vita, con equilibrio e tenacia. Stare con loro, ascoltare le loro preoccupazioni, paure, grandi e piccoli successi. Per dire loro che anche se lontani migliaia di chilometri, ci sentiamo parte del loro lavoro e servizio, impegnati nella stessa battaglia, ogni giorno, ciascuno in modo diverso per garantire a tutti il diritto all’assistenza e alla cura.

Un fraterno saluto,

don Dante Carraro, direttore Medici con l’Africa Cuamm

 

Cosa puoi fare tu

Con 10 euro assicuri materiale informativo e di sensibilizzazione alla popolazione locale
Kit informativo e di sensibilizzazione

Con 20 euro garantisci il trasferimento del paziente sospetto dalle unità periferiche all’ospedale
Trasferimento pazienti all’ospedale

Con 30 euro copri i costi di analisi e test di controllo
Analisi e test di controllo

Con 100 euro assicuri i kit completi di protezione individuale: guanti, occhiali, camice, maschera, copri scarpe o stivali, copricapo
Kit di protezione individuale

 

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