Mancare di rispetto a una donna, tenerla ai margini, trattarla come se valesse meno. La violenza sulle donne non è solo fisica, ma anche psicologica. In Africa, come purtroppo in Italia, ci scontriamo spesso con dinamiche di questo genere e, lì come qui, non possiamo accettarle o assecondarle.
Noi di medici con l’Africa Cuamm mettiamo al primo posto la salute delle mamme e dei bambini, offrendo assistenza medica nel momento del parto e per gli altri bisogni legati alla gravidanza e alla nascita. Promuoviamo a livello comunitario una concezione della donna che la vede più protagonista, degna di attenzione e di cura.
Inoltre, nei nostri ospedali curiamo le donne vittime di violenza domestica, che troppo spesso non sono consapevoli dei propri diritti. Quando necessario, le aiutiamo a denunciare, pur sapendo che c’è ancora molto da fare per combattere questo problema. Le donne che si presentano in ospedale sono infatti solo una piccola parte delle vittime di abusi, molto spesso le più disperate o le più coraggiose.
Vogliamo prenderci cura delle donne, sempre. Quando sono vittime, ma anche quando sono protagoniste di eventi felici. Quando possibile, le incoraggiamo a studiare e a lavorare con noi. Quando andiamo nei villaggi o le incontriamo in ospedale le informiamo sui loro diritti, perché possano diventare donne e madri consapevoli, più sane, più forti nel costruire un futuro per sé, la propria famiglia, la loro stessa comunità. Anche così si combatte la violenza sulle donne.
In Africa – Continua la ricerca sulla violenza di genere a Beira
In Mozambico ufficialmente la violenza di genere è stata riconosciuta come un reato a partire dal 2009, ma in realtà molto poco è cambiato da allora. Le forme di violenza e le motivazioni che inducono soprattutto i partner a commetterla sono comuni in tutto il mondo, le ragioni della mancanza di una soluzione in Mozambico sono molteplici.
Il principale ostacolo è la paura da parte di chi subisce e di chi dovrebbe agire. Da una parte le donne che sono vittime di violenza quasi mai denunciano l’accaduto per le possibili ritorsioni, per paura di perdere il compagno che spesso è l’unica fonte di sostentamento di tutta la famiglia o per il timore di essere stigmatizzate. Dall’altra i pubblici ufficiali, medici inclusi, talvolta evitano di formalizzare la denuncia per la paura di ritorsioni da parte degli aggressori.
A Beira qualcosa si sta muovendo. Dal 2011 il Servizio di Medicina Legale ha introdotto un primo registro dedicato alla raccolta dei casi di violenza e da allora un numero sempre crescente di casi è stato registrato.
Medici con l’Africa ha continuato con il proprio impegno anche su questo fronte per stare al fianco dei più vulnerabili e degli ultimi. In collaborazione con l’Ospedale Centrale di Beira e con l’Università degli Studi di Padova, è stato quindi iniziato un progetto di ricerca operativa con tre obiettivi principali:
- analizzare i dati raccolti nei registri dal 2011 per capire quali siano l’andamento e il peso del problema;
- abilitare un centro unico di consulenza per tutte le vittime, situato vicino al pronto soccorso per prestare cure e sostegno a tutte le vittime e per ridurre il più possibile il rischio di stigmate;
- creare un sistema di sorveglianza e delle linee guida standardizzate per il soccorso, la cura e il follow up delle vittime.
Ancora una volta, la ricerca sul campo farà da ponte tra medicina, diritto alla salute, società civile e comunità scientifica.
La strada si sa è ancora molto lunga, non solo in Mozambico, e tanto c’è ancora da fare in termini di educazione, prevenzione e sensibilizzazione a tutti i livelli. Il nostro compito è di crederci e continuare a batterci per il diritto alla salute di tutti.
In Italia – Posto Occupato
Anche noi di Medici con l’Africa Cuamm aderiamo alla campagna #PostoOccupato, per ribadire il nostro no alla violenza sulle donne.