1 gennaio 2016. Ospedale di Tosamaganga (Tanzania). All’alba la mia solita corsetta. Non so come si dica “Buon anno” in kiswahili ma so che incrocio molti sorrisi e cenni con le mani che me lo augurano meglio che con le parole. È possibile essere gentili e allegri anche in mezzo alle tante povertà! L’ospedale si trova nella regione di Iringa che, assieme a quella di Njombe, raccoglie circa un milione di persone. Quasi un bambino su due (il 44%) soffre di malnutrizione cronica; con facilità poi si trasforma in acuta severa, portando il bambino alla morte.
La Tanzania e le aree nelle quali lavoriamo, l’ultimo miglio “rosso” di cui spesso raccontiamo, sono luoghi “minori”. Non se ne parla tanto; non li ritrovi facilmente nei nostri quotidiani; non hanno nemmeno immigrati che arrivano nelle nostre coste. Non ci sono guerre civili in corso, non ci sono scontri religiosi; trovi una buona convivenza sociale, la gente è pacifica, laboriosa, buona. Scuole e ospedali sono fragili ma esistono. Per questo la Tanzania rischia di essere dimenticata dalla comunità internazionale. Non è un paese “strategico”, è “minore” appunto. Come “minori” sono i suoi drammi. I bambini malnutriti non fanno rumore, quando muoiono non se ne accorge nessuno e le loro mamme possono attendere.
Ieri sera, notte di San Silvestro, nella guest house adiacente all’ospedale, ero insieme ai nostri volontari. Abbiamo fatto un po’ di festa, cenato insieme: racconti e risate, quelle che fanno bene. Abbiamo anche pregato. E pensando al nuovo anno abbiamo sentito forte il dovere di essere lì, al fianco di quella gente “minore”. Anzi, più che un dovere, il privilegio di essere con loro!
Buon anno nuovo, a tutti!
Don Dante