L’ospedale di Lui, dove Medici con l’Africa Cuamm opera dal 2009 sorge su una delle due direttrici principali dei movimenti via terra che avvengono in Sud Sudan, quella che da Juba passa per lo snodo di Mundri spingendosi verso ovest. La Regione del Western Equatoria dove si trova l’ospedale, tradizionalmente risparmiata dagli scontri della guerra civile iniziata a dicembre 2013 (clicca qui per approfondire), ha purtroppo visto un’escalation di violenze nelle scorse settimane a causa degli spostamenti di truppe dell’esercito regolare seguiti agli accordi di pace timidamente siglati a fine agosto.
«Domenica scorsa 27 settembre, a causa del venir meno delle condizioni di sicurezza, abbiamo valutato un momentaneo alleggerimento della presenza Cuamm a sostegno dell’ospedale e della scuola ostetriche annessa, nonché la temporanea evacuazione dei 20 studenti della scuola stessa – dichiara Giovanni Putoto, responsabile programmazione di Medici con l’Africa Cuamm inviato sul campo per monitorare strettamente la situazione.
Il futuro qui è tremendamente incerto e il mantenimento della disciplina da parte dei militari molto difficile. Ci sono stati scontri tra l’esercito regolare e milizie locali improvvisate che hanno pesantemente minacciato la popolazione che si è rifugiata nella boscaglia, scappando dai villaggi. Ad essere minacciati anche gli studenti della scuola ostetriche di Lui che, in accordo con le autorità locali, abbiamo temporaneamente evacuato a Juba, insieme a una parte dello staff.
L’ospedale è comunque rimasto aperto e ha continuato a fornire cure e servizi essenziali, seppur a regime ridotto. Cure indispensabili perché quella di Lui è l’unica struttura di riferimento per circa 145.000 persone. Nella giornata di ieri abbiamo avuto un incontro con le autorità locali cui abbiamo comunicato la volontà di rientrare già a fine di questa settimana. È uno sforzo sostenuto anche dal nostro Governo e dalla Cooperazione Italiana, nella persona dall’ambasciatore Giuseppe Mistretta, presente con una delegazione a Juba in questi giorni per supportare il lavoro delle ong sul campo. Crediamo che la ripresa della attività dell’ospedale sia un importante contributo alla normalizzazione della situazione e abbiamo chiesto a tutte le parti in causa, comprese le milizie locali, di considerare l’ospedale un luogo protetto e intoccabile. Vogliamo dare un segnale importante continuando ad essere “con” loro: per questo motivo in queste ore sta partendo un nostro medico esperto che si unirà allo staff presente per sostenere e potenziare l’attività.
L’altro fronte che si apre per il Cuamm è il sostegno ai nuovi sfollati che ora hanno bisogno di aiuto. Sono centinaia e siamo stati a verificare le loro condizioni ieri nel bush. Ci sono bambini ammalati, donne incinte, si nutrono di tuberi. Uno di loro mi ha detto “È tutta la vita che scappo”».
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«Sono stati momenti molto difficili e di grande paura quelli dei giorni scorsi – spiega Enrico Carraro, cooperante di Medici con l’Africa Cuamm impegnato proprio a Lui – spostarsi a Juba, anche solo temporaneamente ci ha dato un po’ di serenità, ma allo stesso tempo ci ha turbato profondamente perché non abbiamo potuto dar seguito al nostro impegno. Lo riprendiamo ora, non senza paura, ma sempre più determinati a fare la nostra parte».
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