Carissimi,

ci ha molto colpito, in positivo, e motivato che il TIME, la nota rivista americana, abbia indicato al mondo come Person of the year 2014 gli Ebola fighters (i combattenti dell’Ebola). Siamo orgogliosi e riconoscenti che, insieme a molti altri, ci siano anche i nostri volontari, in Sierra Leone, a Pujehun. Il famoso settimanale riporta anche la motivazione: “Non è l’arma scintillante a vincere la battaglia, ma il cuore del guerriero”.

  • Gli eroi nascosti

Non sono le armi luccicanti e ben affilate a vincere la battaglia, non sono i tanti mezzi, i grossi finanziamenti, le mega strutture, la potenza dell’intervento a vincere la battaglia ma il “cuore del guerriero”. E noi, di guerrieri veri, coraggiosi e forti, ne abbiamo incontrati tanti: esempi splendidi, indelebili nel nostro animo, che ci hanno motivato e sorretto, e continuano a farlo, in mezzo a tante fatiche e scoraggiamenti. È il “cuore del guerriero” che vince la battaglia! Penso ai 29 operatori sanitari locali del vicino ospedale di Kenema che sono morti nell’adempiere il proprio dovere, in ospedale, vicini ai tanti malati di Ebola. Le loro foto erano appese nella bacheca davanti all’ufficio del direttore dell’ospedale: li ho visti e nei loro volti ho immaginato le loro storie. Il direttore, Dr. Kahn, infermieri, ostetriche, tecnici di laboratorio, e altri ancora: tutti giovani, 25-35 anni, tutti deceduti tra luglio, agosto e settembre, all’inizio della loro carriera, con un futuro davanti, sogni e progetti da realizzare per se stessi, le loro famiglie, i loro figli. Non hanno avuto paura di rischiare e dare la vita per la propria gente e cercare di contenere il “mostro” dell’epidemia.

Mi commuovo e ritrovo forza pensando a quanto racconta Clara, nostra volontaria a Pujehun, del suo e nostro autista e amico, Momodu.

Dal 2008 è l’autista delle ambulanze dell’ospedale di Pujehun. Ha 30 anni, due mogli e 3 figli: 3 anni il più grande, 6 mesi il più piccolo. Il padre era autista di mezzi commerciali e così anche Momodu quando ha avuto la possibilità di diventare autista di ambulanza, assunto dal Governo, ha accettato subito. Sempre sorridente, solare, e pronto a salire in ambulanza in qualsiasi momento per andare a prendere le donne da trasferire urgentemente in ospedale. Con l’emergenza Ebola, Momodu ha iniziato a guidare l’ambulanza adibita al trasposto dei soli pazienti positivi, spostandosi senza sosta per tutto il distretto. Nel compiere il suo servizio, si ammala e con lui anche il suo amico Rogers, infermiere. Qui trovi la storia di Momodu

Tante volte, quando mi ritrovo stanco o sfiduciato, penso a questi esempi, a queste persone, normali e speciali al contempo. Nessuno racconta di questi eroi nascosti e grandi. Ma la memoria di “questi guerrieri” ci riempie di energia e coraggio.

  • La situazione oggi in Sierra Leone

Nonostante tutto l’impegno, quella in atto è una devastazione difficile da contenere, specie in Sierra Leone dove l’incidenza di nuovi casi è ancora elevata. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nell’ultimo bilancio dell’8 dicembre, la Sierra Leone, con i suoi 7.798 casi di contagio, ha superato la Liberia sul fronte della diffusione del virus Ebola; i morti finora sono stati 1.857. L’ultimo Paese ad essere coinvolto è il Mali dove si sono registrati 8 casi e 6 morti, ma a rischio ci sono altri 22 stati africani. Ogni mezzo viene messo in atto per ridurre il rischio di diffusione. L’altro ieri le autorità governative hanno dichiarato che le celebrazioni pubbliche del Natale e di Capodanno saranno vietate. Nelle strade sarà schierato l’esercito durante tutto il periodo di festa per impedire ogni celebrazione pubblica e vietare alle persone di uscire di casa. L’Islam è la religione dominante in Sierra Leone, ma oltre un quarto della popolazione è cristiana e durante i periodi di feste religiose è usanza riunirsi per le strade. Anche questo provvedimento, pur necessario, aggrava l’angoscia sociale che respiri in ogni ambiente in cui ti trovi. Racconta Clara:

Sono a Freetown e stamattina sono stata al National Response Centre per la gestione dei casi di Ebola. La situazione qui a Freetown è molto preoccupante. Pochi posti disponibili nei centri di isolamento per i casi sospetti i quali sono rimandati a casa e fatti tornare il giorno dopo. Per risolvere il problema è stato chiesto di poter inviare pazienti ai centri trattamento (in modo da liberare posti nei centri di isolamento) anche dopo le 17 ed è stato perciò deciso di far partire le ambulanze fino alle ore 20. I bambini sono accettati solo se accompagnati da un adulto e spesso questi bambini sospetti o positivi sono orfani e i parenti rifiutano di accompagnarli. Non esistono centri di isolamento e centri di trattamento specifici per le donne gravide e nemmeno una struttura che segua le gravide sopravissute. Alcuni centri a Freetown e a Waterloo non hanno energia e nemmeno personale di turno durante la notte. Hanno bisogno di aiuto!!

  • La situazione a Pujehun

Per quanto riguarda Pujehun, Clara continua:

Le 119 persone che erano in quarantena di Sahn Malen sono state rilasciate ieri. Oltre all’attività clinica, ci stiamo concentrando molto sulla comunicazione sociale con il coinvolgimento della popolazione. Ci sono incontri con i leader tradizionali, con l’associazione delle donne e con la comunità per rinforzare la sorveglianza e per identificare subito i contatti avuti dall’ammalato prima del ricovero. Pur nel dramma quotidiano, Pujehun è considerato uno dei distretti che è riuscito, nonostante la difficile posizione geografica (confinante con Liberia e le vicine città di Kenema e Bo), a meglio controllare l’epidemia ed il nostro modello di intervento sarà adottato anche dagli altri.

E ancora:

Durante questi ultimi mesi l’epidemia ha rischiato di ridurre fortemente tutte le attività cliniche di diagnosi e cura: le mamme e i bambini in particolare cercavano di non venire in ospedale per la paura del contagio o, quando arrivavano, era ormai troppo tardi. Purtroppo in questi ultimi giorni sono aumentate le morti materne e in pediatria cominciano ad arrivare bambini con malnutrizione grave e ci si aspetta epidemie di morbillo, febbre gialla ecc. per la mancata vaccinazione. Per questo motivo abbiamo fatto ogni sforzo per tenere aperto e sicuro l’ospedale e stiamo riprendendo con gradualità l’attività sul territorio: un gruppo di giovani locali sta facendo una campagna di sensibilizzazione nelle 12 chiefdome e nei villaggi per persuadere la popolazione sull’importanza di utilizzare le strutture sanitarie, ospedale e centri di salute. Mentre si fa ogni sforzo per contenere l’epidemia, è urgente anche investire risorse finanziarie e umane per riprendere le “normali” attività sanitarie, specie sul territorio. È una seconda emergenza che vedrà campagne di vaccinazioni, attività fuori dai centri sanitari periferici, nei villaggi e nelle comunità. Sembra sia passata una guerra: appena possibile dovremo ritornare alla “normalità” ma tutti sappiamo che sarà un processo lento e graduale.

  • La battaglia del Cuamm

Da parte nostra abbiamo deciso di inviare un altro operatore, Andrea, per aiutare e sostenere il team. Approdato a Pujehun nella tarda serata dell’11 dicembre, al rientro dal suo primo “giro” in ospedale per prendere le misure, racconta:

Quello che più mi colpisce e mi confonde è che non ci si saluta più. È strano in Africa! Le persone non si danno più la mano, si evita ogni contatto fisico. C’è un distacco, un filtro, una barriera invisibile che allontana. Speriamo se ne venga fuori presto!

Enzo, chirurgo, annota:

Con tanta fatica e dedizione la maternità e la pediatria si stanno ripopolando. Speriamo che l’Ebola non distrugga almeno la speranza nel futuro.

La nostra battaglia, fatta di dedizione e costanza, prosegue dunque immutata. Le necessità sono ancora tutte lì, a richiamarci la logica da seguire in questa drammatica situazione, un approccio che l’avvicinarsi del Natale rende ancora più vero: accettare la fragilità dei contesti in cui si interviene e portare il nostro contributo fattivo, concreto.

A questo riguardo martedì 9 dicembre abbiamo incontrato la Presidente della Camera Laura Boldrini che haaperto le porte di Montecitorio alle organizzazioni e agli operatori umanitari che lottano ogni giorno contro Ebola. Molto colpita dalle parole della nostra Chiara, ostetrica per vari mesi a Pujehun e intervenuta per presentare il lavoro del Cuamm, la Presidente Boldrini ha sottolineato:

È importante che le istituzioni riconoscano il valore di queste persone che sfidano la paura e si distinguono per generosità e professionalità. È importante esprimere gratitudine istituzionale a questa Italia, un made in Italy fatto di valori e coraggio. Qui il video completo dell’incontro

Gesù viene perché facciamo posto all’umana fragilità, anche quella dei sistemi sanitari in tempo di Ebola, alla paura degli operatori sanitari provati dalla fatica, all’esiguità delle risorse. Gesù viene nella sua fragilità di Bambino, simbolo della vulnerabilità di tutti noi. Viene per ridarci fiducia, per credere davvero che “non è l’arma scintillante a vincere la battaglia, ma il cuore del guerriero”.

Buon Natale! Scambiamoci questo fraterno augurio e continuiamo a fare la nostra parte.

Vi abbraccio.

Don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm

 

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Causale Emergenza Ebola

  • c/c postale 17101353 intestato a Medici con l’Africa Cuamm
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