Primo ritardo, quello a casa, nel villaggio.
I bambini muoiono perché non vengono portati subito alla vicina unità sanitaria o all’attenzione del volontario di salute del villaggio per ricevere il trattamento di cui hanno bisogno.
Il secondo ritardo è dovuto alle difficoltà di raggiungere il centro di salute, a causa della distanza, dell’insicurezza, dell’assenza di trasporto o altro. E l’ultimo ritardo, quello che si verifica all’interno dei centri di salute, o anche da parte del volontario di salute del villaggio, di offrire presto e bene servizi di diagnosi e cure di qualità. E questo succede per svariati motivi: assenza del personale, incapacità, scarsa motivazione. Oppure carenza di farmaci, di test diagnostici o altro. Se poi l’unità sanitaria o il volontario di villaggio non si accorgono in tempo che le cure che possono offrire non sono sufficienti al quel paziente, si ricade ancora nella prima tipologia di ritardo, e se poi non c’è la possibilità di riferire al centro di salute superiore e quindi all’ospedale il caso complesso, si entra ancora nel secondo ritardo, fin al terzo ritardo nel nosocomio se per i motivi citati prima i servizi di qualità attesi non vengo offerti in tempo.
E così via come in un circolo vizioso. Farsi carico della salute significa creare un sistema che funzioni stabilmente, in cui negligenza e imperizia si fronteggiano con l’entusiasmo e l’ostinazione di riuscire a fare bene le cose, e di insegnare a farlo tenendo sempre viva la motivazione etica portante, ossia la solidarietà umana rivolta ai più vulnerabili, che è poi alla base della mission di Medici con l’Africa Cuamm e delle sue radici cristiane.