In Camerun ci sono più di duecento etnie, una ricchezza che rispecchia la varietà di popolazioni che caratterizza tutta l’Africa: per questo chiamiamo il Camerun “Africa in miniatura”. Tutta questa varietà spesso fa sì che all’interno del nostro paese e del continente in generale spesso non siamo uniti, ma la situazione si ribalta quando usciamo dal continente, per andare in Europa per esempio. Allora scopriamo la solidarietà nell’essere minoranza: come succede a tutti, anche noi, al di là della nazionalità e dell’etnia, ci sentiamo uniti nella debolezza. È una cosa che ho sperimentato sulla mia pelle.
Sono arrivato in Italia nel 1987, per studiare medicina a Pavia. Io e gli altri ragazzi originari dell’Africa che arrivavano in Italia in quegli anni eravamo tra le prime persone di colore che entravano nelle università italiane: per forza c’era una certa diffidenza, mista a sorpresa. Ricordo che mi è capitato di presentarmi ad un esame al quinto anno e di sentirmi chiedere se capivo l’italiano. Faceva sorridere.
Con il tempo devo dire che mi sono fatto molti amici italiani, al lavoro ancora più che all’università. Ho lavorato a Pavia, a Milano e in Emilia Romagna: all’inizio facevo le sostituzioni dei medici di base. Anche lì mi sono trovato a fare i conti con situazioni un po’ strane, sempre finite bene. Ricordo che quando entravo per la prima volta nell’ambulatorio del medico di base che dovevo sostituire, tutti mi guardavano e cominciava un sottile brusio. Se in sala d’attesa c’erano cinquanta persone, pian piano uscivano e ne rimanevano cinque. Quelli usciti non sempre se ne andavano a casa, ma aspettavano fuori i cinque rimasti per chiedere loro un parere su come lavoravo. Dopo due giorni mi trovavo l’ambulatorio pieno del doppio delle persone, rassicurate dal passaparola.
Dopo essermi diplomato in malattie tropicali a Brescia ho svolto un dottorato di ricerca in salute pubblica a Milano e un master a Bruxelles. Poi ho cominciato a tornare in Africa per lavorare come medico. Sono stato in Ruanda, Mozambico, Costa d’Avorio, Camerun, Zimbabwe, Mauritania, Angola. Ho girato molti paesi africani e, come mi aspettavo, ho conosciuto genti e culture molto diverse dalla mia. Nel 2015 sono tornato in Camerun, per stare più vicino alla mia famiglia, a mio padre, che è anziano e che è stato il primo a spingermi a partire per l’Italia, molti anni fa.
Adesso sono ripartito, per lavorare in Angola con Medici con l’Africa Cuamm e fornire consulenza al governo nazionale nello sviluppo del programma nazionale per la prevenzione e cura della tubercolosi, in relazione anche a malattie croniche come il diabete. Non è la prima volta che lavoro con il Cuamm e mi sento felice di questo nuovo inizio.
Eric Lonla