Padova, 01/03/2018 – Si è tenuto lo scorso 21 febbraio, a Freetown, l’evento ufficiale di avvio del NEMS (National Emergency Medical Service), il primo servizio nazionale per le emergenze sanitarie della Sierra Leone. Una sorta di 118 per l’intero paese, coordinato da una centrale operativa nazionale che gestirà le chiamate di famiglie, singoli cittadini e dai centri sanitari periferici e che vedrà mobilitate un totale di 200 ambulanze (160 operative in modo permanente e 40 per sostituire i mezzi in manutenzione). Saranno 1.000 gli operatori coinvolti tra autisti, paramedici e operatori della centrale operativa, oltre agli addetti al primo filtro telefonico per la valutazione del grado di emergenza e al coordinamento dei mezzi. Tutti verranno formati sia all’avvio del progetto, sia durante l’implementazione e verrà loro assicurato un aggiornamento periodico. In una prima fase il servizio sarà operativo nelle 12 ore diurne, per poi passare a coprire tutte le 24 ore. La presentazione ufficiale delle attività ha visto radunate a Freetown, le 200 ambulanze interessate dal progetto, per un avvio simbolico dell’intervento che si tradurrà in un importante sforzo logistico, organizzativo e formativo della durata di 26 mesi e un valore complessivo di 12.880.000 dollari assicurati da Banca Mondiale.
Il progetto proposto da Medici con l’Africa Cuamm, in partenariato con la Regione Veneto e Crimedim (Centro di formazione e ricerca sulle emergenze e i disastri dell’Università del Piemonte Orientale) è risultato il migliore, tra i sette presentati al Ministero della Sanità della Sierra Leone (Mohs) nell’ambito di una gara internazionale tra concorrenti provenienti da tutto il mondo. La valutazione ha riguardato sia il profilo tecnico, sia l’impatto costo-efficacia.
Siamo onorati di essere stati selezionati dal Ministero della Sanità della Sierra Leone e da Banca Mondiale per avviare questo servizio indispensabile al Paese – afferma don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm. Il Cuamm è sempre rimasto nel paese per combattere la terribile epidemia di Ebola, a fianco del personale locale, e quello di Pujehun, dove lavoriamo, è stato il primo distretto a essere dichiarato “Ebola free”, e negli ultimi anni ha anche sperimentato un efficace sistema di riferimento delle emergenze ostetriche dalle zone più periferiche. Forti di queste esperienze e nell’ottica di trasformare un dramma in un’opportunità di sviluppo, abbiamo presentato questa proposta di riutilizzo delle ambulanze che erano destinate al trasporto dei malati e dei casi sospetti di Ebola. Sotteso al progetto c’è un messaggio positivo e di speranza: durante l’epidemia di Ebola la mobilitazione dei donatori internazionali ha fatto sì che la Sierra Leone potesse disporre di molte ambulanze per il trasporto dei malati e dei casi sospetti. A epidemia conclusa le ambulanze rischiavano di restare inutilizzate perché il paese, estremamente fragile come tante altre realtà africane, è sprovvisto di un sistema nazionale che coordini le chiamate di emergenza e la mobilitazione dei mezzi. Trasformare un potenziale “scarto” in elemento trainante lo sviluppo sanitario del paese è la sfida intrapresa dal Cuamm con questo progetto».
E prosegue don Carraro: «Come compagni di viaggio abbiamo coinvolto la Regione Veneto, per la sua esperienza nella gestione del 118 in un territorio così vario – dalle montagne bellunesi alla laguna – e per il volume delle chiamate gestite (1.1.00.000 solo nel 2014). Infine, per curare al meglio una delle componenti chiave del progetto, ovvero la formazione delle risorse locali e la ricerca, abbiamo come partner anche Crimedim, ente accreditato e qualificato presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Lavoreremo insieme per far sì che questo servizio possa davvero arrivare fino all’ultimo miglio del paese, per aiutare i più lontani e i più poveri».
IL CONTESTO
La Repubblica della Sierra Leone ha 6.5 milioni di abitanti, per una superficie totale 71.740 kmq, meno di un quarto di quella dell’Italia. Secondo l’ultimo Rapporto di sviluppo umano, il paese si colloca alla 179ª posizione su 188 paesi considerati. Com’è noto, a partire dal maggio 2014, è stata colpita dalla più grave epidemia di Ebola mai registrata a livello mondiale, risultando il paese con più casi registrati: complessivamente 14.122 tra casi confermati e sospetti e 3.955 morti accertate per Ebola. Il paese ha il più alto tasso di mortalità materna (1.100/100.000 nati vivi) e infantile al mondo (161/1.000 nati vivi). Inoltre, lo scorso 14 agosto, la capitale Freetown è stata investita da piogge molto consistenti che hanno allagato le strade e innescato una frana di dimensioni imponenti, che ha spazzato via un intero quartiere della capitale. In un primo momento si è parlato di 200 morti, di cui 60 bambini, ma le cifre sono state aggiornate al rialzo nei giorni successivi. In un contesto così fragile e difficile, diventava indispensabile fornire un servizio di trasporto in ambulanza che potesse riferire i casi più gravi dai centri più periferici a quelli più centrali e alla capitale.
L’IMPEGNO IN SIERRA LEONE
Lo staff di Medici con l’Africa Cuamm era presente sul territorio nazionale a Pujehun già dal 2012, prima dell’epidemia di Ebola che dal 2014 ha causato migliaia di morti. Il Cuamm non ha mai abbandonato il paese, dando il proprio contributo per fronteggiare l’epidemia anche nei momenti più difficili. Oggi il paese deve ripartire, nonostante il sistema sanitario in forte crisi. Per questo da febbraio 2015 l’intervento si è esteso alla riabilitazione dell’ospedale di Lunsar, in collaborazione con la Direzione dell’ospedale dell’Ordine Ospedaliero di san Giovanni di Dio. Da marzo 2016 invece il Cuamm ha accettato la richiesta del ministero della sanità di intervenire anche a Freetown, la capitale, per rilanciare il Princess Christian Maternity Hospital, la principale maternità della Sierra Leone. La lotta alla mortalità materno-infantile è la nuova sfida da vincere, nel paese con il tasso più alto al mondo di mortalità di mamme e bambini. In questa direzione si inseriscono anche i nuovi interventi nelle aree di Bonthe, Bo e Makeni, sia a livello ospedaliero, che territoriale.