Padova, 29 dicembre 2014 – In questi giorni di feste, di bilanci di un anno che sta finendo e di prospettive per quello nuovo che arriva, a Pujheun in Sierra Leone, gli operatori di Medici con l’Africa Cuamm continuano a prestare il loro servizio senza sosta.
Gli ultimi dati Oms (aggiornamento del 26 dicembre) parlano di 9.203 casi per la Sierra Leone, che supera ampiamente la Liberia come numero di malati di Ebola. Nonostante questo, da qualche giorno, l’incidenza della malattia, ovvero il numero di nuovi casi per settimana, mostra piccoli segnali di riduzione. È questo il momento più delicato e difficile: abbassare la guardia sarebbe molto pericoloso per il diffondersi di questo terribile virus.
«Durante questi ultimi mesi l’epidemia ha rischiato di ridurre fortemente tutte le “normali” attività cliniche di diagnosi e cura – racconta Clara Frasson, capo-progetto Cuamm in Sierra Leone –. Le mamme e i bambini, in particolare, avevano paura e spesso rimanevano a casa o, quando venivano all’ospedale, era ormai troppo tardi. Anche nel nostro distretto, quello di Pujehun, un’area di 350.000 abitanti, ci aspettiamo un aumento dei bambini malnutriti, la crescita dei casi di malaria cerebrale, delle polmoniti, del morbillo e della febbre gialla, ecc. Le unità sanitarie sono spesso vuote e non solo perché la gente ha paura, ma anche perché effettivamente mancano farmaci, le vaccinazioni non sempre si fanno per mancanza di vaccini (molti frigoriferi per la conservazione dei vaccini sono da riparare), il World Food Programme che prima di Ebola riforniva le Unità Sanitarie di base con cibo per le donne in gravidanza adesso fatica. La popolazione è stremata e senza risorse».
Per questo motivo Medici con l’Africa Cuamm ha fatto ogni sforzo per tenere aperto e sicuro l’ospedale. Assistere i parti, visitare i bambini, operare in sala parto di un ospedale governativo è molto difficile in questa condizione di allarme strisciante. In ospedale, si convive continuamente con il sospetto che ogni paziente possa essere un’Ebola in incubazione o un sintomatico sfuggito allo screening. Richiede un doppio sforzo di concentrazione e di attenzione, perché un piccolo errore può essere fatale.
«Quando nel Paese, la furia dell’epidemia si sarà calmata, e speriamo succeda presto – afferma don Dante Carraro– dovremo affrontare una seconda emergenza, quella di riprendere in mano e sostenere un sistema sanitario che già prima dell’epidemia era fragilissimo. Si dovranno prevedere campagne di vaccinazioni, attività formative e di assistenza clinica e di prevenzione, in ospedale e nei centri sanitari periferici, nei villaggi e nelle comunità, per le mamme e i bambini in particolare. Sembra sia passata una guerra: tutti sappiamo che non sarà facile ricostruire, ma siamo determinati a fare la nostra parte, con tenacia e determinazione».
Ora più che mai, Medici con l’Africa Cuamm rinforza la propria scelta di rimanere con la popolazione per continuare nel lavoro fin qui svolto lasciandosi interpellare anche dai nuovi bisogni e dalle gravi necessità che il Paese sta evidenziando.
Di fronte a questo scenario così instabile, oggi 29 dicembre don Dante Carraro parte alla volta di Freetown. Da qui visiterà gli ospedali di Lunsar e Makeni nel Nord-Ovest del Paese, quello di Kono a Nord-Est, per poi spostarsi nel sud, a Pujehun, dove si fermerà, insieme al team Cuamm.
«Il mio desiderio di essere lì nasce dal bisogno urgente di un confronto con le autorità locali e i nostri operatori sul campo, per ribadire tutto il nostro sforzo nella situazione attuale e orientare le scelte future, anche a fronte delle tante necessità e richieste che la situazione e la popolazione ci stanno ponendo – riprende don Carraro –. Sento poi il dovere di portare un segno di vicinanza a chi è impegnato in prima linea e, non ultimo, il bisogno di pregare per le tante persone morte e, fra queste, i numerosi operatori sanitari locali che si sono spesi in maniera incondizionata per la salute della loro gente. Gente comune, normale, che “semplicemente” ha fatto il proprio dovere, fino in fondo, dando anche la vita».
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