Si sono festeggiati ieri sera, 5 febbraio, a Kampala, nella residenza dell’ambasciatore d’Italia in Uganda, i sessant’anni di presenza di Medici con l’Africa Cuamm nel Paese.
Alla presenza dell’ambasciatore Domenico Fornara, dello staff di Medici con l’Africa Cuamm nel Paese e del direttore dell’organizzazione don Dante Carraro, sono state ripercorse le tappe di un’avventura che si è trasformata in strategia di sviluppo e visione verso il futuro.
Un cammino fianco a fianco, iniziato con l’invio del primo medico nel centro di salute di Angal, nella regione del West Nile, nel nord del paese, tra il confine con il Congo e l’attuale Sud Sudan. Da allora l’intervento di Medici con l’Africa Cuamm si è espanso a diverse regioni dell’Uganda: Acholi, Lango, Karamoja, Bunyoro, Central Uganda. L’attenzione prioritaria all’ultimo miglio del sistema sanitario e alle aree più povere il filo conduttore della presenza del Cuamm in Uganda: un Paese che in sessant’anni è diventato indipendente, ha attraversato colpi di Stato, dittature e momenti difficili, ma che oggi si trova in una fase di stabilità e sviluppo.
Un ottimismo incarnato al meglio da Peter Lochoro, ugandese, originario della Karamoja, la regione al confine con il Kenya ancora oggi tra le più povere dell’Uganda. Lochoro oggi è il rappresentante paese di Medici con l’Africa Cuamm e in diverse occasioni ha raccontato di aver scelto di diventare medico proprio vedendo i dottori di Medici con l’Africa Cuamm lavorare nell’ospedale di Matany, vicino al suo villaggio natale. Nel suo intervento Peter Lochoro ha ricordato:
«Per avere sessant’anni non siamo vecchi, ma stiamo ancora crescendo. Siamo molto cambiati nel tempo, per poter affrontare le sfide odierne della salute e dello sviluppo, in un contesto internazionale. Un obiettivo è rimasto sempre uguale: migliorare le condizioni di salute dei meno privilegiati in Africa. Per questo, oggi lavoriamo in ventitré distretti tra i più poveri del Paese, raggiungendo sei milioni di persone. È questo che fa superare i problemi quotidiani e dà senso ad una giornata di lavoro, o dovrei dire ad un intero anno».
«Sei milioni di persone sono un risultato importante – ha ricordato il Charles Olaro, delegato del Ministero della Salute ugandese – e rappresentano una fetta considerevole della nostra popolazione. Al numero delle persone curate però si aggiungono anche le famiglie, beneficiari indiretti di un intervento che, attraverso le cure, migliora la vita a sempre più persone».
«Come ambasciatore d’Italia in Uganda sono lieto di ospitare questo evento nella nostra residenza – ha dichiarato Domenico Fornara – perché la società civile italiana è da sempre molto attiva in Uganda, e in particolare le Ong, di cui Medici con l’Africa Cuamm è un importante rappresentante, dandomi personalmente grande soddisfazione».
«Come ha sempre detto il primo medico Cuamm in Africa, Anacleto Dal Lago: “Il focus del nostro lavoro sono i pazienti. Gli ospedali in cui lavoriamo e che abbiamo contribuito a costruire non sono nostri, ma dei pazienti e delle comunità” – ha ricordato don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm –. Questo è il motivo per cui ci chiamiamo Medici “con” l’Africa: perché lavoriamo con le comunità, ascoltando i loro bisogni, per dare un supporto che sia concreto e fattivo. Voglio sottolinearlo: tutti i risultati raggiunti fino ad oggi dipendono da una continua e forte cooperazione, nel quadro della partnership pubblico-privato, che mette in contatto ospedali missionari e sistema sanitario nazionale, come dimostra l’esempio dell’ospedale di Matany».
In sessant’anni sono 348 i volontari partiti per l’Africa con il Cuamm, lavorando in 16 ospedali e 30 distretti sanitari e sostenendo nella formazione di medici e infermieri l’Universitàdi Nkozi, a Kampala, e diverse scuole infermieri collegate agli ospedali in cui è presente, come nel caso dell’ospedale di Matany.
“Prima le mamme e i bambini. 1.000 di questi giorni” il progetto dedicato alla salute delle fasce più deboli della popolazione, che ha visto negli ultimi anni il Cuamm impegnato ad Aber e sempre a Matany. Rilevante anche il recente ritorno del Cuamm nella regione del West Nile, dove tutto è cominciato, per lavorare nei campi rifugiati sorti per accogliere oltre un milione di persone in fuga dal Sud Sudan.