Ci sono Agata e Luca, due giovani medici partiti come specializzandi per la Tanzania che ora ritornano come specialisti, una internista e l’altro pediatra, e come coppia; Paola e Daniele, anche loro come coppia, lei ginecologo e lui logista di Pavia, in partenza per la Sierra Leone. Raffaella, pediatra di Torino che andrà in Sud Sudan, Alice, Ester e Margherita, specializzande in partenza per paesi come l’Angola, il Sud Sudan e la Tanzania, fino a Massimo e Stefano, medici di lunga esperienza con il Cuamm, che scelgono di partire ancora una volta, per il Sud Sudan il primo e per la Repubblica Centrafricana il secondo.
Sono undici i cooperanti di Medici con l’Africa Cuamm che questa sera, nel Duomo di Padova, riceveranno il crocifisso, direttamente dal Vescovo mons. Claudio Cipolla, durante la Veglia dell’Invio. Un appuntamento che si ripete ogni anno, fin dalla nascita del Cuamm e dal primo medico partito, a sottolineare il legame con la Diocesi e con quel motto ispiratore delle origini “Euntes, curate infirmos”. (Mt. 10, 6-8).
«Ho sempre voluto partire per l’Africa fin da quando mi sono iscritta a Medicina. Adesso mi sento preparata per farlo, voglio andare dove il mio lavoro è più utile e capire se potrà essere un impegno più lungo, anche dopo la specializzazione. Quello che mi piace di più dell’essere medico è proprio il prendermi cura delle persone, assistere la gente che sta male. È bello quando, dopo le difficoltà che ogni malattia pone davanti, si vedono i risultati positivi. Penso che in Tanzania questa componente di cura del prossimo potrà essere ancora più forte: non vedo l’ora di partire».
Così diceva Agata Miselli, alla vigilia della sua prima partenza. Esperienza così significativa che Agata dopo aver preso la specialità, decide di ripartire per un periodo più lungo. Con lei, Luca Brasili, che ha conosciuto proprio a Tosamaganga.
«Mi sono ripromesso di ritornare in Africa quando sarei stato veramente un medico, per fare la mia parte – affermava Luca Brasili -. Io ho sempre voluto fare il pediatra e l’Africa mi ha sempre attirato: lì ci sono tassi di mortalità infantile che qui non riusciamo nemmeno a immaginare. Non sopporto l’idea che un bambino possa morire per la mancanza di cure adeguate, spero di poter dare il mio contributo lavorando con i piccoli pazienti più critici e bisognosi».
Leggi il comunicato della Diocesi di Padova sulla Veglia dell’Invio.