Sono le sette di mattina, la pioggia che cade da settimane, dopo due anni di siccità, ha smesso, ma riprenderà presto e il caldo si fa già sentire nonostante il sole sia coperto dalle nuvole. Le 6 attrici del gruppo Kuplumussana sono pronte nella sala di attesa del Centro de Saude di Ponta Gea (Beira) per iniziare il loro spettacolo. Sono presenti circa 70 persone, pazienti del Centro in attesa davanti ai diversi ambulatori, alcune infermiere e parte dello staff sanitario della struttura.
In trenta minuti, mettono in scena una storia che spesso si ripete: quella di una donna a cui viene diagnosticato l’Hiv, ma per paura e vergogna non dice nulla al marito della sua malattia. Dopo qualche tempo, lui si accorge dell’indebolimento della moglie, scopre la malattia e, offeso, se ne va di casa, abbandonandola. A fianco della donna restano le sorelle del marito che l’aiutano nella routine di casa, la supportano nel continuare il trattamento antiretrovirale e continuano, seppur ignorate, a ricordare al fratello che non si può abbandonare così la propria sposa proprio nel momento in cui lei è più vulnerabile. Il marito trova un’altra compagna e va a vivere con lei; quest’ultima però si accorge che la salute del nuovo marito è indebolita, scopre di avere lui stesso l’Hiv e lei lo rimanda dalla prima moglie. Quest’ultima, nel frattempo, sta bene grazie alle terapie antiretrovirali che ha iniziato a prendere con regolarità, accoglie le scuse del marito, lo perdona e i due tornano a vivere assieme.
Dopo la rappresentazione, Francisca, presidente dell’associazione, presenta il gruppo, lo spettacolo e, insieme ad altre madri di Kuplumussana, interagisce con i pazienti assicurandosi che il messaggio sia stato compreso e rispondendo alla domande. Domani si replica, in un altro centro di salute, così da arrivare a più persone possibili. Ogni mese, grazie al sostegno del Ministero Affari Esteri Italiano, ma anche da numerose fondazioni private come la Fondazione Nando Peretti, Fondazione Cariparo, l’associazione Kuplumussana riesce a presentare fino a 18 spettacoli, coprendo 11 centri di salute della città. Tanti e diversi i temi: salute materno-infantile, spaziando dall’Hiv e i trattamenti antiretrovirali, la malaria, ma anche l’allattamento materno, la nutrizione neonatale e infantile. Attività come quella del teatro sono indispensabili in una società come quella mozambicana: oltre a sensibilizzare e rendere più consapevole il singolo malato, mirano a coinvolgere la famiglia e la comunità che possono sostenere chi è colpito dal virus. Gli antiretrovirali, infatti, non sono un trattamento semplice: il virus Hiv non viene debellato dall’organismo, ma neutralizzato e reso inefficace. Ad oggi, assumendoli, una persona può condurre una vita normale, ma deve continuare a prenderli per tutta la vita, quotidianamente, senza sbagliare, altrimenti corre il rischio che il virus si rinforzi e sviluppi resistenze rendendolo più difficile da tenere a bada – In Mozambico, i trattamenti per le resistenze (linea 2 e 3) non sono disponibili in ampia scala e alcuni non si trovano proprio -.
È, quindi, di fondamentale importanza l’aderenza e la puntualità nel prendere il trattamento, così come la diagnosi precoce e tutto ciò è possibile solo con il coinvolgimento dell’intera società che viene informata e diventa solidale, una realtà in cui i legami familiari e comunitari possono aiutare il sistema sanitario a raggiungere ogni paziente. (Silvia Pieretto)