Stasera la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici 2016, i trentunesimi della storia e i primi in Sud America.
Oltre le vecchie logiche nazionaliste e nello spirito dell’importante è partecipare, Medici con l’Africa Cuamm non può non tifare per la gente a cui tutti i giorni è vicina sul campo. In particolare sarà bello seguire le avventure olimpiche della Tanzania, nostro paese di intervento, che ha fatto parlare di sé per essere stata la prima nazione a confermare la presenza dei propri atleti. Siamo in prima fila tra gli spettatori inoltre per la presenza del primo Team Olimpico dei Rifugiati (Olympic Refugee Team), atleti di diverse nazionalità che parteciperanno alle Olimpiadi sotto la bandiera del Comitato Olimpico Internazionale perché rifugiati. Tra loro ci sono un maratoneta dall’Etiopia e cinque mezzofondisti dal Sud Sudan.
Seguiremo le gare di questi uomini e donne coraggiosi e determinati, che per noi non sono solo sportivi ma anche testimoni di un messaggio di speranza per tutti i rifugiati del mondo. Faremo il tifo per Yonas Kinde, che correrà i 42 chilometri della maratona dopo essere fuggito dall’Etiopia nel 2013. Ha 36 anni e dal 2013 abita in Lussemburgo sotto protezione internazionale. E poi James Nyang Chiengjiek, classe 1988, originario del Sud Sudan che vive da anni nel campo di Kukuma, in Kenya. Non ha mai smesso di allenarsi e a Rio correrà i 400 metri. Vive e si allena con lui anche il connazionale Yiech Pur Biel, in fuga dal 2005, che sarà impegnato nella distanza doppia, gli 800 metri.
E ancora Paulo Amotun Lokoro, che ha abbandonato il Sud Sudan per riparare a Kukuma ed è pronto a sfidare tanti mezzofondisti africani nei 1500 metri. Poi altre due donne sudanesi, Rose Nathike Lokonyen e Anjelina Nadai Lohalith. La prima correrà gli 800, mentre Anjelina farà i 1500 metri.
“Il Team Olimpico dei Rifugiati serve a inviare un messaggio di solidarietà alle persone di tutto il mondo. Questa è la peggiore crisi dei rifugiati nella storia dell’umanità” commenta Thomas Bach, presidente del Comitato Olimpico Internazionale. Medici con l’Africa fa il tifo per questi e tutti gli atleti africani in gara: i giochi olimpici non sono solo sinonimo di competizione ma anche di integrazione e crescita sociale e culturale.
Lo sport è salute, progresso e sviluppo di potenzialità. Ci auguriamo che tutti gli atleti si facciano promotori di questo diritto fondamentale.