Il Gruppo di appoggio Ospedale di Matany da 45 anni a fianco della popolazione Karimojon del Nord Uganda. Come comincia questo lungo viaggio?
Il nostro viaggio comincia all’inizio del 1970 con la decisione di due giovani medici, novelli sposi – Mirella Capra e Gigi Rho – di partire per il Nord Uganda per svolgere il loro compito di medici missionari. All’epoca l’ospedale di Matany, loro destinazione finale, non esisteva ancora, ma la sua fondazione andava prendendo forma sotto la guida e l’impulso del dottor Piero Corti (direttore dell’ospedale di Gulu) e con il finanziamento dell’organizzazione tedesca “Misereor”. Il Cuamm, a sua volta, era partner fondamentale per il supporto anche amministrativo ai medici missionari.
A noi – amici di Gigi e Mirella per la comune frequentazione del Centro Religioso Leone XIII di Milano – parve quasi naturale costituire un gruppo di sostegno (il Matany Medical Support Group) a quanto Gigi e Mirella si avviavano a realizzare. Francamente non credo che nessuno di noi allora avrebbe immaginato che saremmo rimasti “sulla breccia” così a lungo; per cui guardiamo indietro a questi 45 anni con stupore riconoscente nei confronti di tutti coloro che hanno sostenuto il Gruppo.
In che modo siete stati impegnati con gli ultimi in tutti questi anni?
La nostra attività e il nostro modo di operare hanno seguito il segno e l’evoluzione dei tempi. All’inizio il lavoro del Gruppo era caratterizzato da classiche attività di volontariato un po’ generaliste: raccolta e invio di medicinali e materiale sanitario e, più impegnativa, l’attività di ricerca di medici per l’ospedale. Poi, gradualmente, sotto la spinta delle evoluzioni tecnologiche, comunicative e normative, l’attività è diventata sempre più progettuale. Alle partnership “storiche” con Padri e Fratelli Comboniani e Medici con l’Africa Cuamm, si sono aggiunti collaborazioni esterne e istituzionali e amici particolarmente generosi.
Avete raggiunto quest’anno, un grande traguardo. Quali sono le prospettive per il futuro?
E’ quasi scontato dire che le prospettive sono alquanto impegnative. E ciò, senza parlare della solita crisi, per due fondamentali ragioni: la prima è che Matany è ormai un “ospedale di riferimento per il sistema sanitario ugandese e questo richiede una sempre più sistematica e corretta interazione a livello istituzionale. La seconda è che lavorare per progetto prevede grande concorrenzialità: noi cerchiamo di essere costanti, un po’ innovativi e…confidiamo nella Provvidenza!