Non è questo il mondo che vogliamo. Né a Parigi né altrove. Quel che è accaduto lo scorso 13 novembre nel cuore dell’Europa ha lacerato una zona apparentemente sicura, ha sconvolto e ucciso 128 persone e ne ha ferite oltre 300, ha portato la violenza a un passo da noi. Ha toccato una città vicina, persone immerse nella propria quotidianità europea, di una cena, di un concerto, di una serata occidentale. E sembra volerci dire che quel mondo di cooperazione e solidarietà tra i popoli a cui noi abbiamo sempre creduto non esiste, non possa esistere.
D’altra parte quanto accaduto a Parigi sembra aver disegnato una mappa del mondo di colori ed intensità diversi, che ribadisce la disparità tra Nord e Sud anche di fronte alla vita e alla morte: esistono territori “di guerra” nei quali la violenza quasi non fa notizia – pensiamo a Beirut, alla Siria o alla Somalia solo per citare i fatti più recenti – e zone dove la morte per mano armata non è, fortunatamente, conosciuta e quando arriva, come la scorsa settimana, scuote gli animi.
Noi, di fronte a tutto ciò, continueremo a fare la nostra parte con determinazione, condannando la violenza in ogni sua forma e in ogni porzione di mondo. Risponderemo ai fatti di Parigi, di Beirut, della Siria con umanità e spirito di cooperazione, senza cedere alla paura. Continueremo a lavorare per il diritto alla salute nelle terre più remote dell’Africa sub-sahariana, portando alla popolazione cure primarie anche nelle zone periferiche, in nome di quell’uguaglianza e solidarietà tra gli uomini che sono le fondamenta per costruire un mondo in pace.