Il Sud Sudan è davvero l’ultimo miglio per Medici con l’Africa Cuamm. Lo è perché in gran parte del suo territorio non si riesce ancora a rendere operativo un sistema sanitario capace di onorare, nei minimi termini il diritto alla salute, in primo luogo per mamme e bambini. Gli indicatori di salute, lì dove si riesce a raccoglierli in modo serio e affidabile, danno un quadro drammatico con previsioni da far rabbrividire anche i più disattenti ai problemi del Sud del mondo. L’ultima valutazione affidabile e capillare, House to House Surveillance, ossia casa per casa, in merito alla mortalità da parto, è avvenuta nel 2006. In quell’anno nello Stato dei Laghi venne misurata una mortalità materna impressionante: 2.243 su 100.000 bambini nati vivi. Un valore superiore di 408 volte quello che abbiamo in Italia che è di 5,5/100.000. In base alla mia esperienza di tanti anni in Africa, la condizione indispensabile per raggiungere gli obiettivi è, innanzitutto, quella di credere fermamente che questo potrà essere possibile e si è disposti a mettere in campo tutta l’energia che si ha per farlo. Questo la gente, i collaboratori, lo staff, spesso costretti a lavorare sotto una capanna, lo avvertono in modo empatico e si accendono anche loro di speranza quando gliela trasmetti. Chi non è in grado di portare dentro questa carica d’energia in Africa è bene che non venga, qui non c’è posto per mediocrità e assenza di attitudine e determinazione alla soluzione dei problemi. La stima, l’accettazione, la disponibilità a farsi guidare e certe volte trascinare con entusiasmo verso certi obiettivi nasce da questi presupposti irrinunciabili. Chi ha scelto di stare nell’ultimo miglio, consapevolmente, sa che quella è, nonostante i grandi disagi da sopportare, una postazione di privilegio perché li si vedono cambiare le cose giorno dopo giorno, lì se ci credi puoi dare una svolta ai sistemi di salute misurabili con impatto negli indicatori di mortalità.
Per questa sfida in campo nello Stato dei Laghi adesso c’è bisogno di lavorare all’unisono con le retrovie, con la sede centrale di Medici con l’Africa Cuamm, con quella di Juba, di Kampala e di tutti gli altri paesi in cui opera. La sfida in campo è quella di riuscire ad avere, per tempo, in prima linea, tutti i beni strumentali previsti per portare a buon fine gli obiettivi di progetto: costruzioni, equipaggiamento, formazione del personale e altro. Il resto poi lo fanno i membri delle squadre. Certo può capitare che ci si scontri con realtà contraddittorie e in cui questo spirito di fare bene e con energia si è perso da anni. Allora sì che il lavoro diventa faticoso. Si vive una dimensione di incoerenza che fa male a chi, come noi qua, ha bisogno di vivere sempre in pienezza quello che fa. Più accetti delle sfide grandi come queste e più è necessario guardarsi dentro e dirsi le cose con il loro giusto nome perché, in prima linea, c’è assoluto bisogno di gente motivata a cui rivolgersi in modo schietto e trasparente. E questo deve essere fatto se si ha a cuore il bene dell’organizzazione e dei nostri beneficiari. Qui in Sud Sudan Medici con l’Africa Cuamm sta facendo passi da gigante e molti con me, che hanno macinato anni di lavoro in Africa, l’avevano previsto da tempo. Tra pochi mesi si potrà dire se tutto questo è stato realizzato o meno. Se così fosse immagino per il Cuamm scenari d’intervento che una volta definivamo “a priori” patrimonio di agenzie internazionali più grandi di noi. Diventare grandi per il bene degli ultimi è un fantastico programma di lavoro e di vita.
I fondamenti della Primary Health Care
Una volta che si è riavviata l’attività dell’ospedale e si è certi di avere una struttura capace di far fronte a tutte le complicanze della gravidanza, il parto e il puerperio, allora ci si allarga anche al territorio per far crescere le unità sanitarie periferiche e cercare di offrire a tutti un pacchetto minimo di servizi che riduca il più possibile le morti prevenibili o comunque evitabili. E questo significa portare avanti, in modo serio e senza interruzione, i fondamenti della Primary Health Care: le vaccinazioni per i bambini, anche per coloro che non hanno accesso per motivi di distanza dalle unità sanitarie, ai servizi di diagnosi e cura. E poi: promozione capillare, in tutte le comunità, del parto sicuro da effettuare non in casa, ma nelle unità sanitarie oppure puntare sull’importanza di raggiungere la più vicina unità sanitaria per curare malattie che, se prese in tempo, si risolvono con facilità ma, se trattate in ritardo, diventano gravissime e causa di morte come la malaria, sempre al primo posto come causa di morte per i bambini sotto i 5 anni.
Fare salute pubblica, in Africa sub-Sahariana, è sempre una corsa contro il tempo, contro quelli che sono i tre ritardi, causa di tanta mortalità materno-infantile.
Medici con l’Africa Cuamm a Yirol ha raccolto grandi risultati. Basti pensare che grazie all’intervento in ospedale, che è CEmONC, ossia Centro di trattamento omnicomprensivo delle emergenze ostetriche e neonatali, grazie a un servizio di ambulanza gratuito, efficiente e funzionante H24, si è potuto raccogliere e intervenire su larga parte delle complicanze di parto della contea, riducendo del 70% quella che era la mortalità materna attesa nel 2006. Da 2.243 a 698/100.000 nati vivi. Ossia dal 2012 al 2014, 141 mamme, e con loro, in larga parte anche neonati, strappati a una morte certa. Per chi ha esperienza di Primary Health Care, lavorare in questi contesti, è appassionante e creativo, perché ogni volta vieni chiamato a risolvere, in fretta e bene, problemi che per molti sembrano insuperabili. Devi trovare sempre nuove soluzioni. Con il tempo, si sviluppano strategie e modelli ben consolidati che poi si possono replicare anche altrove. Per approfondire, leggi il progetto nel dettaglio.
Giovanni Dall’Oglio, da Yirol, in Sud Sudan