Negli anni ’70, forte del riconoscimento ottenuto nel 1972 dal Ministero degli Esteri come organizzazione idonea a svolgere incarichi di cooperazione con i paesi in via di sviluppo, il Cuamm può imboccare la via della cooperazione diretta con i governi e le autorità pubbliche per la realizzazione di ampi progetti finalizzati allo sviluppo globale delle popolazioni africane, valorizzando le risorse umane locali con l’apertura di scuole per infermiere e collaborando con le università locali.
Queste scelte in parte anticipano la dichiarazione di Alma Ata dell’OMS del 1978 che individua nella salute un diritto fondamentale di ogni persona e promuove con forza l’assistenza sanitaria di base nei paesi in via di sviluppo. Tra il 1977 e il 1979 il Cuamm avvia la fase dei “programmi-paese” all’interno di appositi accordi bilaterali tra governo italiano e paesi interessati. I primi programmi-paese coinvolgono l’Uganda, la Tanzania ed il Mozambico giunto in quegli anni ad una difficile indipendenza.
L’impegno accanto ai paesi africani è cresciuto e diviene preponderante sia in termine di paesi d’invio 18 (Benin, Burundi, Camerun, Ciad, Congo, Etiopia, Kenya, Libia, Madagascar, Marocco, Mozambico, Nigeria, Somalia, Sud Africa, Tanzania, Togo, Uganda, Zambia) sia nella qualità dell’intervento: delle 282 persone (182 uomini, 100 donne) che partono in questo decennio oltre al personale medico e sanitario si registra per la prima volta la presenza di tecnici e logisti a supporto e l’invio di una dozzina di insegnanti (in particolare in Uganda e Tanzania).
Leggi anche il Dossier “I 40 anni della legge italiana sulla cooperazione allo sviluppo”
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