«Ogni tanto mi capita di sentirmi don Chisciotte contro i mulini a vento e mi perdo di coraggio. Mi rincuora pensare che “romantici rottami” o no, siamo comunque rimasti in tanti ad avere ancora voglia di fare la nostra parte».
Così scriveva Maria Bonino nel 2004, prima dello scoppio della terribile epidemia che la vedrà in prima linea a curare i bambini della Pediatria di Uige, fino alla fine della sua breve esistenza.
Una vita spesa per gli ultimi, in Africa. Nata a Biella nel 1953, residente ad Aosta, Maria Bonino è partita per la prima volta con il Cuamm nel 1981, per un progetto in Tanzania. La sua esperienza di cooperazione e volontariato nei Paesi in via di sviluppo,con Medici con l’Africa Cuamm, è stata molto lunga, in tutto 10 anni e 8 mesi, e ha toccato diversi paesi, dalla Tanzania all’Uganda, dal Burkina Faso all’Angola.
«Qua si boccheggia, cercando di non affondare nel mare mosso della pediatria. A volte sembra un incubo, pianti, gemiti, urla di genitori disperati… e la sensazione di essere impotenti. È umanamente impossibile vedere un senso per tutto questo dolore innocente; l’unica è fidarsi che ci sia». Maria Bonino – 20 gennaio 2005
Pediatra, nel marzo 2005 era in servizio, con il Cuamm, presso l’Ospedale di Uige in Angola. Da mesi si adoperava, giorno e notte, per assistere e curare i bambini che morivano a causa di strane emorragie di sangue. Tra le prime a segnalare alle autorità queste strane morti, la dott.ssa Bonino rimane fino all’ultimo a curare i bambini della Pediatria. Inizia ad accusare i primi sintomi della malattia quando ancora si attendono i risultati dei campioni inviati negli Usa per le analisi. Trasferita in una clinica di Luanda, muore il 24 marzo 2005, all’indomani della nota di conferma dell’Organizzazione mondiale della Sanità, secondo la quale “test di laboratorio hanno identificato nel virus di Marburg l’agente responsabile dell’esplosione della sospetta febbre emorragica virale in Angola”.
Così annotava nella sua agenda, pochi giorni prima della sua morte:
«Ho la febbre e mi sento tutta rotta. Speriamo sia malaria. E se no, mi dispiace di morire, per le persone che mi vogliono bene e a cui voglio bene. Ho ripetuto tante volte in questi anni che “la vita è la realizzazione del sogno della giovinezza”: è stata per molta parte così e ne ringrazio il Signore. Non sono certo all’altezza del dr. Matthew, ma se la mia morte fosse l’ultima non mi dispiacerebbe poi tanto di morire».
Leggi il numero di Cuamm Solidarietà dedicato all’epidemia di Marburg e a Maria.
L’epidemia di Marburg, giorno dopo giorno.
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