Padova/Freetown – La tregua in Sierra Leone è durata pochi giorni. Dal 7 novembre scorso, data in cui il paese è stato dichiarato “Ebola free”, arriva oggi la notizia di un nuovo decesso. Si tratta di un caso riconosciuto post mortem, un test effettuato su una donna ormai deceduta nel distretto di Tonkolili, in particolare nella città di Magburaka, nel centro del paese, non molto lontano da Lunsar dove Medici con l’Africa Cuamm è impegnato sul campo.
«Solo poche ore dopo la dichiarazione ufficiale dell’Oms, arriva la notizia di un caso di Ebola in Sierra Leone. Era una possibilità che speravamo non si concretizzasse, ma consapevoli che avremmo potuto avere nuovi casi positivi nel paese si è continuato a mantenere un sistema di “sorveglianza aumentata” – dice Matteo Bottecchia, coordinatore paese del Cuamm in Sierra Leone –. La donna deceduta, una studentessa di 22 anni, si trovava in visita a parenti nel distretto di Kambia, al confine con la Guinea, quando si è ammalata. Da lì ha viaggiato per molti chilometri fino alla città natale di Magburaka dove è morta dopo alcuni giorni. La sorveglianza aumentata prevede che tutti i decessi siano sottoposti a test Ebola. Sulla ragazza il test è stato eseguito 3 volte per cautela, l’equipe medica voleva avere la certezza che non si trattasse di un errore.
Un team dell’OMS è già stato inviato a Kambia per indagare sul contagio, mentre a Magburaka è stata attivata la macchina del contact tracing per tracciare i contatti ed arrestare tempestivamente un possibile nuovo contagio diffuso. Questo nuovo caso è un forte banco di prova per le istituzioni in una fase che prevede la transizione, ad oggi in corso, dall’emergenza straordinaria con strutture dedicate alla gestione emergenze di salute pubblica come funzione integrata nel Ministero della Salute.
Ancora di più è un campanello d’allarme che richiama a non abbassare la guardia, soprattutto per gli operatori sanitari come i medici CUAMM impegnati sul campo ogni giorno. L’eventualità di trovarsi di fronte a un caso d’Ebola, nel proprio impegno quotidiano, è presente, i rischi connessi alle donne sopravvissute al virus che porteranno a termine una gravidanza esistono, la necessità di continuare a rafforzare i meccanismi di controllo e prevenzione delle infezioni è centrale. Il sistema sanitario è ancora debole, la speranza è che la sensibilizzazione fatta e l’esperienza accumulata possano aiutare a tenere sotto controllo il contagio».
L’epidemia di Ebola e l’impegno del Cuamm
1 anno e 5 mesi, con 14.222 i casi registrati e 3.955 morti, solo in Sierra Leone: questi i dati dell’epidemia che si pensava conclusa, lo scorso novembre. Allo scoppiare dell’epidemia a inizio 2014, Medici con l’Africa Cuamm ha deciso di restare e impegnarsi accanto alla popolazione, nella lotta a questo terribile flagello. L’ospedale di Pujehun non ha mai chiuso e nella lotta all’epidemia l’azione si è concentrata su due ambiti: da un lato fornire agli operatori sanitari tutti gli strumenti di protezione di cui avevano indispensabile bisogno; dall’altro continuare nel lavoro di identificazione e isolamento dei malati. È stato quindi avviato un sistema triage per l’identificazione dei casi sospetti nei centri sanitari. Contemporaneamente, con uno sforzo logistico considerevole, sono stati aperte due unità di isolamento a Pujehun e a Zimmi.
Strategico è stato poi il lavoro di sensibilizzazione delle comunità, la ricerca dei contatti e il controllo del territorio. La risposta delle comunità era influenzata dalla paura e dal rigetto delle misure di sicurezza. Fondamentale è stato l’investimento sui “contact tracer”: un gruppo di giovani che, percorrendo il territorio in lungo e in largo, muniti di moto, cellulare e taccuino, tracciavano tutti i contatti avuti da un nuovo contagiato. In totale sono state messe in isolamento oltre 1.200 persone ed è stato possibile contenere il contagio, facendo di Pujehun il primo distretto del paese ad essere dichiarato Ebola Free. (Clicca qui per appronfondire)
Medici con l’Africa Cuamm in Sierra Leone
Medici con l’Africa Cuamm è impegnato in Sierra Leone dal febbraio 2012 e più nello specifico a Pujehun, uno dei distretti più remoti del paese, in un intervento finalizzato ad aumentare la copertura e la qualità dei servizi di salute neonatale e materno-infantile. L’attività del Cuamm è concentrata sul rafforzamento della capacità di pianificazione dei servizi sanitari da parte delle autorità distrettuali, sul miglioramento del servizio per il parto assistito sia in ospedale che a livello di unità sanitarie periferiche, sulla formazione professionale dello staff sanitario e sul rafforzamento del sistema di riferimento. Sin dall’inizio, l’intervento ha coinvolto un team composto da un esperto di sanità pubblica, un chirurgo, un pediatra, un’ostetrica e un amministrativo, impegnati a Pujehun nel rafforzamento dei servizi sanitari sui tre livelli: ospedaliero, territoriale e comunitario.
Grazie all’impegno del Cuamm e alla collaborazione con le autorità locali, complice una buona dose di fortuna, il distretto di Pujehun è stato il primo della Sierra Leone ad essere dichiarato Ebola free, a inizio febbraio, per non aver registrato alcun nuovo caso per il periodo doppio del periodo di incubazione (42 giorni).
L’intervento del Cuamm si è esteso poi (a partire da febbraio 2015) alla riapertura dell’Ospedale di Lunsar, in collaborazione con la Direzione dell’ospedale gestito dall’Ordine Ospedaliero di san Giovanni di Dio e i diversi partner coinvolti, tra cui l’Istituto Spallanzani, e le Ong Engim e Rainbow for Africa. L’ospedale di Lunsar, nel distretto occidentale di Port Loko è gestito dall’Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio, conta 151 posti letto e serve abitualmente una popolazione di 500.992.
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