Lino ha il volto scavato e una rada barba a incorniciare il sorriso mite. Si muove lento e dinoccolato sul prato del Centro di salute di Lorengachora, in Uganda, fra le persone che sono qui per festeggiarlo. Le ragioni ci sono tutte: lui è il primo paziente del Centro di salute al quale era stata diagnosticata la tubercolosi multiresistente a essere stato dichiarato oggi clinicamente guarito, dopo due anni di terapia.
La tubercolosi multiresistente è una patologia che si propaga facilmente, in particolare negli ambienti affollati, ma che, soprattutto, è lenta e difficoltosa da curare. Nell’autunno del 2014 Medici con l’Africa Cuamm ha iniziato un intervento nella regione della Karamoja, grazie anche al supporto del FAI (Fondation Assistance Internationale) e del Gruppo di appoggio – Ospedale di Matany di Milano.
«Per me la tubercolosi è stato prendere tanti farmaci per tanto tempo e non migliorare» racconta Lino. «Poi ricominciavo e stavo sempre male. Alla fine mi ero stancato e ho smesso di prendere i farmaci, ma la tosse è tornata, con altri problemi. Mi hanno fatto raccogliere tanti di quei campioni di sputo in quelle bottigliette… “È per il GeneXpert” mi dicevano, e io non capivo».
La tecnologia del GeneXpert permette di diagnosticare la tubercolosi in modo rapido, così da mettere subito in trattamento i pazienti per controllare la diffusione della malattia e ridurne la mortalità; non solo, grazie al GeneXpert è possibile anche individuare i casi più difficili, come quelli che coinvolgono i bambini.
«Alla fine mi hanno spiegato che ho una forma di tubercolosi che non si cura con i farmaci normali» prosegue Lino. La tubercolosi multiresistente, per l’appunto. «Ho cominciato così una nuova terapia: è durata due anni e le pillole erano talmente tante che quasi non ne ricordo il numero». Si interrompe pensieroso, poi sorride: «13 pillole al giorno, e per i primi sei mesi un’iniezione quotidiana, tranne la domenica».
I pazienti identificati fino ad ora sono 13 in tutta la regione: vengono curati in casa, ma fanno riferimento al Centro di salute. Il Cuamm interviene in tutte le fasi: provvede ai trasporti, controlla la disponibilità dei farmaci e supervisiona il personale locale. All’inizio si occupava anche di fornire il cibo ai pazienti in trattamento che non riuscivano a provvedere a se stessi. Poi il governo nazionale ha accettato di prendersi in carico questo aspetto.
«La tubercolosi per me ha significato però anche incontrare i medici e gli infermieri dell’Ospedale di Matany, mi hanno curato e anche aiutato con il cibo e i trasporti. Ci sono stati tanti momenti difficili, spesso ho anche pensato di rinunciare, ma poi ho cominciato a stare meglio, a riprendere peso e ho anche ricominciato il mio lavoro come venditore di tabacco».
All’ombra del gazebo in cui si sono riuniti medici e operatori, Giorgio Pellis, chirurgo Cuamm a Matany, stringe la mano e si congratula con Lino, poi chiama vicino a sé il responsabile del Centro di Salute e gli consegna un attestato di buon lavoro, tra i sorrisi dei presenti.
Il percorso affrontato da Lino e dal personale locale è stato lungo e mai semplice, ma la consapevolezza che dalla tubercolosi multiresistente si può guarire è un incoraggiamento e uno sprone per tutti loro e per gli altri paziente che ancora stanno lottando.