«Pian piano i contorni della tragedia si delineano nella loro drammaticità. Stamattina presto, dopo una notte con una pioggia intensissima per ore, una grossa parte di una delle colline della zona alta di Freetown è franata portando con se case strade alberi rocce e facendo, sembra, più di 500 morti tra cui tanti bambini.

Freetown è un promontorio con tante colline, basse montagne che scendono nel mare. Il territorio è pienissimo di torrenti e già geologicamente instabile. L’edilizia dissennata e folle, l’incuria assoluta (le tonnellate di sporcizia nei torrenti, le gigantesche discariche) le cave di pietre ovunque, hanno reso la città una mina assolutamente instabile. Se piove in modo intensissimo l’acqua acquisisce una forza enorme e se non può defluire, travolge. Tutti i giorni andando in ospedale vediamo torrenti enormi, strade allagate e case e baracche in bilico su burroni. Quante volte pazienti e infermieri ci hanno detto delle loro baraccopoli o casette distrutte da alluvioni e non si fa fatica a crederlo stando qui.

Riflettevo, vedendo le tante immagini crude che ci arrivano, che per forza questa gente vive alla giornata.

Oggi e domani meeting al ministero per vedere come coordinare gli aiuti. Mentre passavano le ore il Princess Christian Maternity Hospital, dove lavoriamo, non si fermava (al Connaught, ospedale generale della capitale, obitorio con centinaia di corpi, inimmaginabile). Abbiamo prestato un paio di ambulanze per il trasporto delle persone.

Tra le tante nascite, oggi ho assistito una mamma che ha partorito tre gemelli (né la madre, né io lo sapevamo). Che segnale su come la vita sia potente. Ad un chilometro da qui forse più di 500 morti in un attimo (bambini, mamme, vite) e in questo ospedale, ora una trigemina così. Che forza dell’andare avanti! La vita è sempre di più un grande, incredibile, mistero».

Alberto Rigolli, medico Cuamm a Freetown.

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