«Sono rientrato da poco da Cueibet, in Sud Sudan, dove si trova un piccolo ospedale in cui ho prestato servizio. Non è la prima volta per me, ci sono stato già diverse volte, la prima nel 2008, e ho ricoverato molti pazienti con casi di malaria nel corso del tempo.
Questo è il periodo delle piogge, il peggiore per la malaria che imperversa colpendo adulti e bambini. Naturalmente i più fragili sono i bambini che arrivano disidratati, con febbre alta accompagnata da vomito e diarrea. O ancora peggio, con crisi convulsive legate alla febbre o affetti da malaria cerebrale, la situazione più grave in assoluto. I bambini che arrivano in ospedale con malaria cerebrale sono generalmente in stato comatoso e hanno già subito danni irreversibili al cervello.
Non è così raro che i piccoli pazienti dell’ospedale ci vengano portati quando ormai la situazione è irrecuperabile, qui siamo nello stato dei Dinka, una tribù nomade di pastori ancora molto legata alla tradizione. In questa zona la popolazione soffre di malnutrizione e non sempre le condizioni igieniche sono ottimali.
Mi ricordo in particolare la storia di un “bambinetto”, avrà avuto tre anni. È arrivato in ospedale accompagnato dai genitori con un quadro molto pesante di malaria cerebrale. Ma nonostante tutto è sopravvissuto, non so se solo grazie alle terapie o anche perché era questo il suo destino. Purtroppo ha riportato lesioni molto significative e dovrà essere alimentato per il resto della sua vita tramite un sondino naso-gastrico, ma dopo venti giorni di degenza i genitori ci hanno chiesto di poterlo portare a casa, impegnandosi con noi ad assisterlo anche fuori dall’ospedale. ‘A casa abbiamo altri bambini da accudire’ ci hanno detto, così noi abbiamo provveduto a impostare per loro un piccolo training su come gestire la situazione con un figlio ormai disabile.
Mi capita di chiedermi come sarà il futuro di questo “bambinetto”, ma poi mi ricordo che in più di una situazione i bambini non ancora completamente trattati o guariti vengono portati via dall’ospedale dai genitori durante la notte. Li portano dai local doctors, i guaritori, e noi a questo punto ne perdiamo le tracce».Vincenzo Riboni, medico specialista in Chirurgia che ha preso servizio con il Cuamm in Sud Sudan
Nel 2015 si sono registrati 212 milioni di casi di malaria in tutto il mondo, con una stima di circa 429 mila morti. Dal 2010 al 2015 si sono avuti dei miglioramenti: il 21% in meno di incidenza di malaria e il 29% in meno di decessi a livello glabale.
Le diseguaglianze colpiscono ancora una volta a sud del Sahara: sono qui il 90% dei casi di malaria e il 92% delle morti.
Ad essere più esposti al rischio di contagio sono i bambini perché non hanno ancora sviluppato alcuna immunità. I due terzi delle morti per malaria riguarda proprio i bambini sotto i 5 anni: nel 2015 sono state 303.000 solo nell’Africa sub-sahariana.
Medici con l’Africa Cuamm è impegnato sul campo nella lotta alla malaria, in particolare nel 2016 sono stati 184.206 i pazienti trattati solo in Sud Sudan.