In programma c’era un’attività di dimostrazione culinaria a beneficio di 23 mamme e dei rispettivi bambini che sono ricoverati al Centro di riabilitazione nutrizionale. Qui si curano i casi di malnutrizione cronica, sia grave che moderata, e di malnutrizione acuta. Tutt’oggi in Mozambico il 43% dei minori di cinque anni soffre di malnutrizione cronica e al centro di Beira trovano ricovero dai 20 ai 40 bambini malnutriti, per periodi che variano dai pochi giorni a mesi, per i casi più complicati.
Le responsabili dell’associazione, le “mamme di Kuplumussana”, sono indistruttibili, ne hanno viste tante, passate tante, sono orgogliose dell’essere lì e sanno perfettamente come muoversi, sanno cosa provano le altre mamme, sanno che se vogliono potranno uscire da lì e vivere bene la loro vita. Sorridono sempre, nonostante il caldo, nonostante le sofferenze, nonostante le difficoltà nel tirare avanti nella vita di tutti i giorni, e ancora trovano l’energia per fare le attiviste, per togliere del tempo alla cura di loro stesse e della loro famiglia per provare ad aiutare il prossimo, per confrontarsi. Durante l’incontro hanno spiegato l’importanza di seguire un’alimentazione equilibrata e come si possano, con alcuni accorgimenti, ottenere pasti sani e completi anche con poche risorse disponibili. Mentre dona Deolinda parlava, dona Maria mostrava come preparare la pappa di cocco, suggerendo di aggiungere alla ricetta tradizionale pochi alimenti quali olio, uova o latte per rendere la zuppa e i porridge più nutritivi.
Le attiviste ci tenevano a ripetere di non essere lì per insegnare, ma per imparare a vicenda, scambiarsi esperienze. In questo modo ottenevano l’attenzione e la partecipazione delle mamme che ascoltavano e facevano domande, tenendo sempre i bimbi in spalla avvolti nelle colorate capulane.
Quando poi è stato il momento di assaggiare queste pappe e di rendersi conto di quanto siano davvero buone, tutte le mamme hanno dimostrato la volontà di rifarle in questo modo, una volta tornate a casa.
Io mi aggiravo tra di loro, con curiosità ma anche un po’ di smarrimento. Sono coordinatrice di progetto – non sono medico né sanitaria – così ogni volta che vado in reparto mi sento un po’ fuori posto. Mi rendo conto che ci sono mamme che guardano verso di me come se potessi portare la soluzione, dare loro risposte che invece non sono in grado di fornire. Loro mi chiamano doutora, ma so di aver l’età delle loro figlie e che quindi per loro in realtà sono menina, una bambina.
Mi colpisce la storia di Ndazena, un ragazzo di 14 anni che pesa 19 kg. È entrato il 2 febbraio con una malaria grave accompagnato dalla mamma Fanita che lo porta sulle spalle poiché è troppo debole per camminare. I bambini più piccoli danno l’impressione di potercela fare, hanno tempo per recuperare, per crescere, ma lui, Ndazena, doveva essere a scuola quella mattina, doveva essere fuori con i suoi amici a giocare o forse anche a lavorare, visto come vanno le cose qui. In nessun caso sarebbe dovuto essere in ospedale, portato in spalla dalla madre.
C’è anche la piccola Celina João, vestita da principessa. Lei e mamma Clara sorridono perché oggi Celina ha chiesto il bis e ha mangiato ben due piatti di pappa di cocco.
C’è mamma Helena che è eccitata e ride: «Le è piaciuta molto la pappa di cocco!» dice indicando la piccola Graça di 1 anno e 2 mesi che oggi, dopo due settimane, sarà dimessa.
Ce ne sono anche altri, che però non possono assaggiare la pappa di cocco: 6 infanti sono ancora con dieta esclusiva di supplementi alimentari quale il latte Formula-75 o Formula-100, o a dieta integrata con il Plumpy Nut (cibi terapeutici equilibrati per il corpicino dei piccoli che non tollera quantità normali di proteine, sodio e grassi ma ricchi di glucosio e carboidrati).
Se non curato con attenzione soprattutto nelle prime fasi del trattamento, un bambino severamente malnutrito potrebbe morire, sopraffatto da una dieta troppo ricca per il suo corpo debilitato.
È il caso di Anita che ha due anni ed è ricoverata da pochi giorni: non mangia nulla, prende solo latte fortificato, e mamma Amelia è disperata, neanche lei vuole più mangiare, piange. Per fortuna c’è Dulce, sua vicina di letto, che la consola e la incoraggia: «Se non mangia lei, non mangi neanche tu? Chi si prenderà cura di lei quando uscirete?».
Con 150 euro curi un bambino con malnutrizione acuta che richiede un ricovero.
Silvia Pieretto, coordinatrice progetti a Beira