Sono un po’ senza fiato, lo ammetto, ma quando vengo al Sud è inevitabile. Ogni volta la stessa storia, all’ospedale di Chiulo tocchiamo con mano la miseria. Ogni mese puoi bussare alle porte del governo, di qualsivoglia finanziatore o benefattore, ma le risorse non bastano mai, mai!

E chi è qui, lavoratori locali ed espatriati, provati dagli sforzi e dalle frustrazioni per gli insuccessi, rimangono intrappolati in una guerra quotidiana: per la necessità di risparmiare un po’ di gasolio che dia energia elettrica alle aree di emergenza; per usare con parsimonia l’acqua, perché arrivi sia in corsia, sia alla “casa d’attesa” dove le gestanti aspettano in sicurezza il momento del parto; per coprire turni impossibili, dovuti a uno staff decimato dalle risorse umane che scappano altrove alla ricerca di un futuro migliore.

Ma se tiri la coperta da una parte ne lasci scoperta un’altra. Niente sembra sufficiente o equamente distribuito in questa Africa nel sud dell’Angola. Di sicuro non è sufficiente una sola autoambulanza per un ospedale di 234 posti letto, così come non basta un solo chirurgo, soprattutto se spesso è costretto ad allontanarsi.

Puoi correre a prendere una mamma che abita a cento chilometri di distanza, oppure puoi usare quel gasolio per mantenere i reparti funzionanti o usare quello stesso veicolo per andare a un incontro con le autorità nella speranza di ottenere nuovi aiuti. Puoi comprare l’acqua per evitare un’epidemia o puoi acquistare i farmaci per decine di malati di tisi che non hanno più la speranza di accedere a una terapia gratuita. Cosa scegliere? Perché essere costretti a scegliere?

Tutti si aggrappano alle stesse risorse, irrisorie e mal spartite e intanto la gente, qui a Chiulo, muore.

Le emergenze sono infinite, eppure ogni giorno, da anni, lo staff del Cuamm investe tutte le sue energie nella convinzione che una porta si spalanchi. Che si confermi una promessa e prenda forma il disegno per cui ogni membro del gruppo ha deciso di impegnarsi.

Oggi all’alba, prima di lasciare la regione, sono passata ancora una volta nell’Unità nutrizionale. Stesi su una decina di letti incastrati in un’unica stanza, altrettanti bambini affetti da malnutrizione cronica o severa bevevano la loro dose di latte speciale. A vegliare su di loro, il team infermieristico locale, il pediatra del Cuamm e le giovani dottoresse delle scuole di pediatria proveniente da diverse zone d’Italia. Questo è uno dei reparti più sofferenti, ma anche più colorati e luminosi dell’ospedale ed è ciò di cui avevo bisogno per salutare questa regione. Inacia ha fatto il possibile per regalarmi la migliore despedida, l’addio perfetto. Con quel corpicino di bimba già affetta da tubercolosi e provata dalla malnutrizione, dopo una settimana di cure e attenzioni è tornata a sorridere ricordandoci che la sua vita è nelle nostre mani e dipende dalla passione che tiriamo fuori ogni volta che interveniamo, perché la morte per fame si riduca ogni giorno di più anche nelle aree più rurali e sperdute di questo Paese.

E allora il coraggio torna a fare capolino. Non esiste motivo valido che ti porti a pensare che è giunta l’ora di andartene o che non sei più utile, così ti rimbocchi le maniche per fare ancora oggi la tua parte, assieme a tutti gli altri che sono con te, nessuno escluso.

 

Ilaria Onida
Staff Cuamm

 

Related News