Etiopia. Un fine settimana di manifestazioni e proteste, degenerate in scontri tra la polizia e i manifestanti. Il bilancio, secondo fonti ufficiali, è di un centinaio di morti. Lo riportano le principali testate nazionali e internazionali, riprendendo la denuncia di Amnesty International. I fatti sono avvenuti lo scorso fine settimana. Le regioni dove le proteste sono state più accese sono quella dell’Oromia e dell’Amhara, oltre alla capitale Addis Abeba.

Diversi sono i motivi alla base delle proteste. Gli Oromo sono il 34% di una popolazione di  circa 100 milioni di abitanti e gli Amhari il 27%. Si tratta quindi delle fasce più popolose che sono in disaccordo con la minoranza che è al governo (i Tigrini, ovvero 6,1%). Chiedono maggiori diritti e potere. Ma non è solo questo. Povertà, mancanza di lavoro, forti diseguaglianze e ingiustizie, assenza di risposte adeguate alle esigenze della maggioranza della popolazione: questi altri motivi alla base delle proteste, i cui echi si sono sentiti anche a Wolisso, nella regione dell’Oromia appunto. Nell’ospedale San Luca, infatti, dove Medici con l’Africa Cuamm lavora dal 2001 e oggi ha 6 medici, sono stati curati alcuni feriti da armi da fuoco.

“La situazione è sotto controllo, non è particolarmente allarmante – ci rassicurano -. Certo noi espatriati siamo stati invitati a rimanere all’interno del compound dell’ospedale e a evitare i luoghi affollati”.

Tardi sono arrivate le comunicazioni perché per tutto il fine settimana appena passato Internet è stato bloccato e le comunicazioni verso l’esterno erano molto difficili. L’auspicio ora è che prevalgano il dialogo e il buonsenso.

Medici con l’Africa Cuamm continua il proprio lavoro in ospedale e nei centri sanitari dell’area circostante, presta il proprio servizio a favore delle fasce più povere della popolazione, perché solo migliorando le condizioni di vita e di salute della gente è possibile gettare le basi per un equilibrio più duraturo.

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