Nei giorni scorsi, a Karthoum, è stato firmato un accordo di pace tra il presidente Salva Kiir e il capo dei ribelli Riek Machar. Si pone così una tregua a una guerra che dura da 5 anni e ha portato insicurezza e instabilità, provocando la morte di migliaia di persone e mettendo in fuga milioni di sfollati.
«La sensazione che si sta vivendo in questi giorni è una sorta di attesa, di sospensione– ci racconta Giorgia Gelfi, responsabile dei progetti del Cuamm nel paese –. Il presidente Kiir è ritornato a Juba e ora ha concesso l’amnestia. Stiamo a vedere come evolve la situazione, se davvero riusciranno a formare un nuovo governo, con Machar come primo vicepresidente. Il Cuamm è sempre rimasto, in tutti questi anni, ha continuato il proprio impegno in 169 strutture sanitarie (5 ospedali e 164 centri di salute), in 6 Stati e ha allargato l’intervento anche a zone dove si presentavano nuove emergenze, come l’emergenza fame a Nyal. Il paese spera in una pace che duri questa volta, tantissime famiglie sono divise, donne e i bambini costretti a fuggire nella vicina Uganda ed Etiopia, mentre alcuni rimangono grazie anche alle Ong come il Cuamm che garantisce un lavoro a circa 1200 sud sudanesi. La pace è una condizione indispensabile per far ripartire l’economia in ginocchio di questo paese, in primis l’estrazione del petrolio». Speriamo davvero che sia l’inizio di un nuovo corso. Il Cuamm intanto continua, silenzioso, nel suo lavoro quotidiano, per la salute di questa popolazione così martoriata.