Una colorata marcia cittadina, con musica e balli, ha riempito le strade di Freetown, in Sierra Leone, mentre altre manifestazioni sono state organizzate in Mozambico e in oltre 150 città sparse in tutto il mondo. Organizzata dall’International Diabetes Federation e dall’Organizzazione mondiale della sanità, la ricorrenza, istituita nel 1991, vuole sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sul diabete, sulla sua prevenzione e corretta gestione.
«Abbiamo sfilato e ballato lungo le principali strade di Freetown» racconta Hawanatu, operatrice del Cuamm in Sierra Leone. «Abbiamo distribuito magliette e materiale informativo per incoraggiare le persone a fare esercizi e a mantenere uno stile di vita sano, mettendoli in guardia sui rischi del diabete».
Considerato da sempre una prerogativa del mondo occidentale, negli ultimi decenni il diabete si è diffuso rapidamente anche nell’Africa subsahariana, tanto che in alcuni paesi oggi ne risulta affetto un adulto su cinque. Le cause sono da ricercare in parte nella crescita e nell’aumentata aspettativa di vita della popolazione, ma anche – e soprattutto – nei modificati stili di vita e nelle nuove abitudini alimentari. La consapevolezza delle dimensioni del problema rimane però bassa: poche diagnosi e ancor meno trattamenti portano a complicazioni e a una mortalità precoce.
«In Mozambico il diabete è considerato una patologia “negletta” e non esistono dati sulla prevalenza del diabete e di conseguenza sull’impatto clinico, sociale, ed economico che ciò comporta» spiega Damiano Pizzol, responsabile Cuamm della ricerca operativa in Mozambico. «Tuttavia chi lavora sul campo quotidianamente s’imbatte in pazienti che si recano ai centri di salute o in ospedale con manifestazioni al limite e con complicanze ormai irreversibili che in contesti come questo portano facilmente a morte».
Medici con l’Africa Cuamm, grazie al sostegno della World Diabetes Foundation (WDF), interviene in Sierra Leone e in Mozambico dall’inizio del 2016. In Sierra Leone, in mancanza di dati certi, la necessità è prima di tutto quella di individuare quali siano le dimensioni del problema. Per questo il Cuamm sta testando tutte le donne in gravidanza che raggiungono il Princess Christian Maternity Hospital di Freetown, la principale maternità della Capitale. Il diabete gestazionale, infatti, influisce sullo sviluppo del feto e può provocare complicanze ostetriche al momento del parto. Considerato l’afflusso di donne in ospedale, ci si aspetta che, alla fine del progetto, saranno state testate 60.000 donne incinta.
In Mozambico il Cuamm segue invece un approccio nazionale che si concentra su due fronti: fornire un supporto tecnico al Ministero della Salute e operare assieme alle associazioni locali per fare attività di prevenzione e sensibilizzazione. Questa sarà anche la linea seguita in Angola ed Etiopia, i due paesi nei quali, a partire dal 2018 e sempre grazie al sostegno di WDF, il Cuamm svilupperà progetti analoghi.
La logica sarà sempre quella di rafforzare dall’interno il sistema sanitario: formare personale qualificato, costruire nuove strutture, assicurare l’approvvigionamento dei farmaci e una più attenta gestione dei dati e analisi dei risultati.
Un impegno che, anche attraverso le manifestazioni di oggi, vuole mantenere alta l’attenzione su una malattia ancora troppo trascurata, che può avere però pesanti ripercussione sulla salute di tanti.