Si celebra il 17 maggio, la XIV Giornata Mondiale contro l’ipertensione arteriosa, che è una delle principali cause di malattie cardiovascolari, che a loro volta sono la prima causa di morte nel mondo.

Nel 2017 sono 10.107 i pazienti risultati ipertesi in 5 ospedali in cui opera il Cuamm su un totale di 68.573 ricoveri.

Fino a poco tempo fa l’ipertensione era principalmente associata alle regioni più ricche del mondo. Tuttavia, la condizione sta emergendo sempre più nei paesi a basso e medio reddito, paesi in cui i livelli di conoscenza e controllo dell’ipertensione sono ancora molto bassi e in cui le scarse risorse sanitarie presenti sono impiegate per il trattamento delle malattie infettive, come l’HIV, la malaria e la tubercolosi. È quello che sta accadendo nel continente africano. Tradizionalmente in Africa, le malattie trasmissibili e le cause materne e nutrizionali rappresentano il più grande carico di morbilità e mortalità. Questo onere si sta spostando rapidamente verso malattie croniche non comunicabili (non-communicable diseases), in primis le complicanze correlate all’ipertensione.

Giovanni Torelli, medico internista dell’ospedale di Tosamaganga in Tanzania, racconta: «Queste tendenze sono fortemente legate ai cambiamenti nello stile di vita della popolazione africana, come la ridotta attività fisica, l’aumento dell’aspettativa di vita, il cambiamento nelle abitudini alimentari sempre più scorrette e il consumo eccessivo di alcool e tabacco».

Nel 2000 gli adulti affetti da ipertensione nell’Africa sub-sahariana erano circa 80 milioni, ma con i cambiamenti in atto nel continente si stima che questa cifra salirà a 150 milioni entro il 2025.

«I governi dei paesi hanno iniziato a parlare di malattie croniche e a denunciare la necessità curare quest’ultime – continua Giovanni – ma mancano sia le competenze per trattarle, sia le risorse finanziarie necessarie per avviare dei programmi dedicati».

A mancare inoltre non è solamente la formazione del personale sanitario, ma soprattutto la cultura del trattamento di questo malattie, che richiedono costanza per un lungo periodo di tempo, se non per tutta la vita. «In questi contesi si è abituati a curare malattie infettive il cui trattamento dura nella maggior parte dei casi per un periodo limitato di tempo; l’idea di un trattamento di lunga durata o addirittura a vita è invece un fatto culturale ancora poco diffuso. I pazienti affetti da malattie croniche, come l’ipertensione, dopo la prima visita non continuano il percorso in maniera corretta: interrompono la terapia dopo una settimana e non si sottopongono a periodici follow-up, con gravi ricadute sul decorso della malattia».

La diffusione delle malattie non comunicabili anche nei paesi a basso e medio reddito ha portato il Cuamm a sostenere servizi di prevenzione e controllo dell’ipertensione e di altre malattie croniche nei propri paesi di intervento, dove le scarse risorse sanitare non ne permettono ancora un controllo e un trattamento adeguato.

In Angola e Mozambico sono in corso progetti per la diagnosi e il trattamento dell’ipertensione correlata al diabete mellito, mentre da novembre 2016 a Tosamaganga, in Tanzania, è presente una clinica ambulatoriale per malattie croniche, aperta al pubblico due volte alla settimana. In occasione delle giornata mondiale dell’ipertensione, verranno effettuate proprio a Tosamaganga delle visite mediche gratuite durante l’intero arco della giornata, con l’intento di sensibilizzare la popolazione sui gravi rischi della malattia e per identificare coloro che necessitano del trattamento clinico presso l’ambulatorio dedicato.

L’attività di screening dell’ipertensione sembra essere apprezzata dalla popolazione locale che torna più volte per le visite di controllo, seppur arrivando dalle zone più remote della regione di Iringa.

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«La nostra è un’attività preziosa, ma che necessita di essere decentralizzata e portata direttamente nelle comunità. In questo modo sarà più semplice per la popolazione rurale effettuare visite di controllo e monitorare il proprio stato di salute».

Dalla sensibilizzazione della popolazione ad avere migliori stili di vita all’educazione del personale sanitario nell’effettuare trattamenti a lunga durata; dalla raccolta dati all’offerta di un trattamento semplice e soprattutto poco costoso, a cui i pazienti possano aderire positivamente. Questo è il percorso intrapreso per raggiungere l’ultimo miglio, un obiettivo che il Cuamm si era posto con il programma Prima le mamme e i bambini. 1.000 di questi giorni e che ora si accinge a fare anche per la cura e il trattamento delle malattie croniche.

 

 

 

 

 

 

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