Dopo la conferma di nuovi casi di Ebola in Repubblica Democratica del Congo, aumenta nella comunità interazionale il timore di una nuova epidemia. In molti infatti ricordano gli effetti devastanti che Ebola ha avuto tra il 2014 e il 2016 in Africa Occidentale, diffondendosi tra Sierra Leone, Liberia e Guinea Bissau. Giovanni Putoto, responsabile della ricerca e della programmazione di Medici con l’Africa Cuamm, ha seguito da vicino l’epidemia di Ebola in Sierra Leone e l’Istituto di Studi di Politica Internazionale (ISPI) pubblica un suo commento ai nuovi casi registrati in Congo.
I casi registrati dal 4 aprile ad oggi sono 44 di cui 23 decessi. Le zone sostanzialmente coinvolte sono tutte località rurali, molto isolate: Bikoro, come maggiore epicentro, assieme a Iboko e Wangata.
Scrive Giovanni Putoto nella sua analisi e continua:
A suscitare seria preoccupazione per una possibile diffusione dell’epidemia su grande scala è invece la recente registrazione di un primo caso di Ebola nella città di Mbandaka che conta un milione di abitanti, centro di intensi traffici commerciali con Kinshasa e Brazzaville cui è collegata per via fluviale. La mobilità delle persone dalle zone rurali a quelle urbane e da uno stato all’altro potrebbe determinare un pericolo reale di escalation inarrestabile. Questo dato geografico dovrebbe indurre alla massima cautela e sollecitare una risposta rapida ed efficace degli interventi.
C’è il rischio di una nuova epidemia di Ebola?
Il disastro a cui abbiamo assistito nel 2014 è stato determinato da una serie di fattori, alcuni legati alla grande fragilità del sistema sanitario, in particolare: epidemie accertate di Ebola non erano mai state registrate in quella parte dell’Africa; gli operatori sanitari, già pochissimi, erano ignari della malattia, delle sue caratteristiche epidemiologiche e soprattutto impreparati a mettere in essere le azioni specifiche di contenimento (l’isolamento dei pazienti, le attrezzature diagnostiche e la gestione clinica dei malati, l’identificazione e la quarantena dei contatti, la distribuzione dei presidi sanitari per la protezione dello staff, la sensibilizzazione e la mobilizzazione delle comunità, la messa in sicurezza dei funerali e della tumulazione delle salme). A questi fattori si sono sommati altri elementi di contesto, come la diffusione urbana e transfrontaliera della malattia, fatto inedito nella storia di questa epidemia, dovuta all’estrema mobilità delle persone contagiate; il ritardo gravissimo dell’allerta nazionale e internazionale da parte degli enti nazionali e sovranazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS); il ritardo ingiustificabile del soccorso internazionale da parte degli stati e delle agenzie; e infine la sostanziale negligenza della scienza e delle compagnie farmaceutiche nel produrre terapie e vaccini per contrastare questa malattia.
La nona epidemia di Ebola in Congo
In questo paese Ebola è una malattia endemica: è nota al governo, ai professionisti sanitari e alle comunità del posto. Tutte le epidemie precedenti sono state controllate con successo applicando le azioni di salute pubblica previste in casi come questi. Memori delle severe critiche sui ritardi e sulle inadeguatezze degli interventi del 2014, questa volta gli aiuti internazionali, finanziari, tecnici e materiali, realizzati dalle agenzie specializzate e presenti sul campo, sembrano essere rapidi e ben coordinati dall’OMS. Infine, per la prima volta sono state messe a disposizione del Ministero della Salute del Congo 4.000 dosi del vaccino rVSV-ZEBOV, sperimentato con successo su più di cinquemila volontari in Guinea nel corso dell’epidemia del 2014 e che, secondo la prestigiosa rivista Lancet che ne ha pubblicato i risultati finali, si è dimostrato efficace al 100%, sicuro e con una risposta immunitaria molto buona. Pur non essendo ancora provvisto di licenza, l’OMS ne raccomanda l’uso in caso di epidemie.
L’articolo completo sul sito di ISPI.