Flora, Babra, Francesca, Marina, Paola, Cecilia, Albertina e Anita, donne che aiutano altre donne. Hanno età e professioni diverse, ma sono unite dalla passione con cui operano sul campo per la salute di mamme e bambini.
In occasione della festa della donna ci raccontano cosa significa crescere, vivere e portare cure e servizi sanitari nei paesi dell’Africa sub-Sahariana in cui il Cuamm è impegnato.
«Prendersi cura di altre donne significa prendersi cura di noi stesse. Le ingiustizie compiute contro le donne, sono ingiustizie che noi stesse subiamo», racconta Cecilia Libretti, ostetrica Cuamm in Etiopia.
Un’empatia che ritroviamo anche nel racconto di Babra Muga, ostetrica ugandese, che oltre a far nascere bambini in sicurezza, fa conoscere i propri diritti alle donne: «Cerco di motivarle ad essere protagoniste di un cambiamento positivo all’interno delle loro famiglie e comunità».
Albertina Francisco, attivista dell’associazione Kuplumussana (letteralmente “donne che si aiutano a vicenda”) a Beira, svolge attività di sensibilizzazione a contrasto dell’Aids e conferma: «L’educazione è molto importante, bisogna promuovere la condivisione di competenze e informazioni perché la prevenzione sia veramente efficace».
Molto spesso le difficoltà culturali e sociali rappresentano un ostacolo alla comunicazione, ma c’è un linguaggio universale che permette alle donne di ogni provenienza di capirsi, quello dell’essere “con”, di essere accanto, anche con un piccolo gesto di attenzione e cura. Ce lo racconta Paola Caravaggi, ginecologa Cuamm in Sierra Leone: «Essere presente ed offrire la propria competenza e solidarietà aiuta molto nella comprensione reciproca. In fondo per partecipare alla gioia basta davvero poco, anche solo un sorriso». Spesso però la felicità cede il passo alla sofferenza, quando si assiste alla morte di un neonato, come spiega Francesca Fasolo, infermiera del Cuamm in Sud Sudan: «In questi casi posso solo abbracciare la mamma per farle sentire che le sono vicina e che sono una di loro». Ce lo conferma anche Marina Panarese, amministrativa Cuamm in Repubblica Centrafricana: «Qui ho riscoperto il significato profondo della relazione con l’altro, nella gioia come nella sofferenza, le persone dimostrano grande umanità».
In Africa le donne collaborano, si sostengono, forse perché per tutte la vita è ugualmente molto faticosa. Sono loro infatti ad avere sulle spalle tutto il peso della famiglia, dice Anita Ngueve Litonga, infermiera Cuamm dell’Unità di malnutrizione pediatrica a Chiulo: «La giornata di una donna angolana inizia molto presto, talvolta alle 2 di notte, deve camminare per ore per procurarsi l’acqua, poi si occupa della preparazione del cibo da vendere per strada o al mercato». Conosce bene queste e molte altre difficoltà anche Flora Manyanda, nutrizionista Cuamm che opera nella regione di Dodoma in Tanzania: «La mia scuola distava 15 chilometri da casa, ho fatto molti sacrifici per terminare gli studi, ma sono contenta di averlo fatto perché l’educazione è fondamentale». In Africa i diritti delle donne sono spesso negati, ancora oggi sono vittime di discriminazione e violenze, come la mutilazione genitale femminile, una pratica diffusa in molti gruppi etnici. Sin da bambine sono costrette a matrimoni precoci che le tengono lontane dalla scuola e dall’unica possibilità di educazione e di riscatto.
Un grazie speciale a tutte queste donne e a quante ci hanno permesso di testimoniare quanto ancora resta da fare, ma anche quanto poco basta per avviare un cambiamento. Aiutaci a diffonderlo, come gesto di vicinanza e speranza per tutto le donne del mondo.