Malith è un bambino nato a Yirol, in Sud Sudan; sua madre Mary è sieropositiva ma, nonostante la paura, ha scelto di fidarsi di noi per il bene del suo piccolo. Grazie alla profilassi, oggi Malith può considerarsi libero da HIV. La giornata di oggi per noi ha il nome del centro di salute dove Mary ha trovato Anita, l’infermiera Cuamm che si è presa cura di lui all’interno del programma che previene la trasmissione dell’HIV da madre a figlio. Perché Papa Francesco, nell’annunciare oggi la XXIV Giornata Mondiale del Malato 2016, ricorda che:
«Ogni ospedale o casa di cura può essere segno visibile e luogo per promuovere la cultura dell’incontro e della pace, dove l’esperienza della malattia e della sofferenza, come pure l’aiuto professionale e fraterno, contribuiscano a superare ogni limite e ogni divisione».
Celebriamo questa giornata per manifestare solidarietà a tutti i malati, ai più vicini e a quelli lontani, ancora più vulnerabili, perché ciascuno possa dare un aiuto, a suo modo.
La nostra mission ci spinge verso i paesi più poveri dell’Africa, quelli a sud del Sahara, e nelle aree più povere, rurali, provate da gravi carenze sanitarie. In Angola, Etiopia, Mozambico, Uganda, Tanzania, Sud Sudan e Sierra Leone, lavoriamo a 10-12 ore dalle capitali, nell’ultimo miglio del sistema sanitario dove spesso arrivano solo le piste in terra battuta; dove ci sono ospedali e dispensari troppo deboli. In queste condizioni, più del 90% della popolazione africana soffre e muore della “malattia della povertà”: è questa che vogliamo sconfiggere e contro la quale ci battiamo.
Sul campo, nei 16 ospedali e nei 34 distretti dei 7 paesi di intervento, siamo un centinaio, tra medici, sanitari, amministrativi e logisti, ad assistere e curare mamme e bambini, malati di Aids, malnutrizione, tubercolosi e malaria; per tutti noi la giornata di oggi è uno stimolo a proseguire su questa strada.
Anche Papa Francesco ci incoraggerà nella speciale udienza che ci ha concesso sabato 7 maggio: scopri di più consultando qui la pagina dedicata.