Carissimi giovani, adulti, ministri della chiesa, responsabili di famiglia, responsabili di professione. Alcuni greci un giorno hanno chiesto ai discepoli: “Vogliamo vedere Gesù”. Non erano credenti, hanno manifestato un desiderio del cuore, forse un po’ di curiosità, forse ne avevano sentito parlare tanto bene, ma quella domanda giunge fino a noi oggi, tanti di noi, anche noi preti, vogliamo vedere Gesù.
È stata posta sulla bara di don Luigi la Parola, appoggiata, quasi come noi potessimo pensare che la Parola del Signore si è appoggiata anche sulla vita di Don Luigi e che, se vogliamo vedere Gesù, possiamo anche passare attraverso il libro della vita di don Luigi e vedere come la Parola di Dio ha illuminato e illumina la sua vita, ma anche come la sua vita ci aiuti ad illuminare, a comprendere la Parola di Dio.
La vita degli uomini è come la Parola di Dio che si è fatta storia, si è fatta carne e non è facile separare ciò che è di Dio e ciò che è dell’uomo nella vita di un cristiano. Ci sono alcuni incroci dove, in modo particolare, possiamo vedere questo: in Don Luigi, è capitata questa fusione tra la sua vita e la Parola di Dio. Ne posso citare soltanto alcuni, ma proviamo a vivere questo tempo in chiesa per salutare la sua uscita dalla scena di questo mondo per andare oltre alle sollecitazioni che posso darvi io. Ognuno di noi ha nei confronti di don Luigi una propria conoscenza personale e dentro a questa conoscenza personale è nascosta una parola di Dio per noi. Ascoltiamola, ascoltiamola con il cuore.
Una di queste prime fusioni, snodi, incroci è la cura per l’altro, l’amore vissuto da don Luigi con gesti, con parole, con scelte, con priorità.
Il testamento che abbiamo appena ascoltato ci dice: tutto era per lui da dedicare, da donare, per curare l’altro. L’amore per i poveri, per gli affamati, per i carcerati, per lo straniero è parola di Dio. Il nostro amore che diventa storia è parola di Dio, questa parola è diventata vita, nella vita e nella storia di don Luigi. Nel nostro piccolo ha aperto l’orizzonte dell’amore al mondo, all’Africa in particolare. La nostra chiesa, la nostra città, il nostro paese attraversano ritorni individualistici o ritorni che favoriscono l’interesse privato: ascoltiamo la vita di don Luigi, nella quale viviamo la Parola di Dio. Questo incrocio tra parola e vita è per noi fondamentale, quanto “Ha fatto questo cose- dice il vangelo- a uno dei fratelli più piccoli lo ha fatto a me”, sia in Africa, sia in casa nostra, è una parola chiave questa. Curiamo i deboli, i poveri, dove li incontriamo, anche a casa loro e senza distinzioni di paesi o di religioni. Sono uomini e, se soffrono, bussano alla nostra porta, perché Gesù ci ha insegnato di vivere come fratelli. Ed essendo i nostri fratelli più deboli e più poveri sacramento dell’incontro con Gesù, non soltanto ricordiamo quando si presentano ai nostri occhi, ma li andiamo anche a cercare come ha fatto don Luigi.
C’è un secondo incrocio, appoggio della Parola di Dio nella vita di don Luigi, è lo sguardo: occhi pieni d’amore verso tutti, occhi gioiosi.
È nel cuore libero che l’intelligenza diventa carità, riflesso e partecipazione dell’amore gratuito divino. Quella della carità, abbiamo ascoltato, è la via migliore di tutte, il carisma più grande di tutti, il carisma che dà senso, significato, valore a tutti gli altri carismi, che riempie di gioia i cuori e gli occhi. Lo sguardo semplice e gioioso di don Luigi lascia intuire una vita piena, compiuta, traboccante. Forse era arrivato il tempo per don Luigi di morire, perché aveva fatto e aveva dato tutto. Forse la parola morte non si addice a questo passaggio, forse si addice di più la parola ‘pienezza’, ‘compiutezza’. Ne hanno fatto esperienza i tanti giovani che si sono messi a disposizione dei progetti del Cuamm pensati con la collaborazione di don Luigi.
Come non proclamare che la Parola di Dio nella vita di don Luigi ha continuato e continua a chiamare sulle strade dell’amore. Come non vedere che qui troviamo un senso della vita, come non indicare ai giovani questa strada, come strada capace di rendere luminosi anche i nostri sguardi oggi. Non è un sacrificio quello che indichiamo, ma una pienezza. La carità così come ce l’ha testimoniata don Luigi ha dato valore ai suoi ultimi anni, li ha riempiti. Andare in profondità in noi stessi e domandarci ancora una volta dove trova senso la nostra vita, di adulti innanzi tutto, e guardare alla vita gioiosa e semplice di don Luigi significa ascoltare quella vita e santa parola del Maestro che dice: “Vieni e seguimi”. Parola che viene detta da don Luigi e che viene detta da Gesù – come distinguere? – “Vieni e seguimi”. C’è una via migliore di tutte, desiderate intensamente i carismi più grandi e tra tutti il carisma della carità, aspirate alla carità.
C’è un terzo passaggio dove penetrano parola e vita di don Luigi così da rendere la sua vita parola, ed è quello della giustizia.
Vorrei richiamare la vostra attenzione soltanto leggendo il passaggio del Santo Padre, Francesco: “La felicità promessa da Dio è annunciata in termini di giustizia. L’Avvento è il tempo per preparare i nostri cuori al fine di poter accogliere il Salvatore, cioè il solo Giusto e il solo Giudice capace di riservare a ciascuno la sorte che merita. Qui come altrove, tanti uomini e donne hanno sete di rispetto, di giustizia, di equità, senza vedere all’orizzonte dei segni positivi. A costoro, Egli viene a fare dono della sua giustizia. Viene a fecondare le nostre storie personali e collettive, le nostre speranze deluse e i nostri sterili auspici. E ci manda ad annunciare, soprattutto a coloro che sono oppressi dai potenti di questo mondo, come pure a quanti sono piegati sotto il peso dei loro peccati: «Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra -giustizia»”. Giustizia, ecco perché noi cristiani siamo chiamati ad essere nel mondo gli artigiani di una pace fondata sulla giustizia.
Io ho pensato ai miei due incontri con don Luigi, voi penserete ai vostri, senz’altro più numerosi e profondi. Il primo incontro, quasi casuale, passando davanti al Cuamm con don Gabriele, che mi ha detto di andare a salute don Dante, ma don Dante era via in viaggio e ho trovato don Luigi e mi ha ricordato in quell’incontro la frase che dice: “Beato quel servo che il signore al suo ritorno troverà a lavoro”. Era soltanto due mesi fa. Il secondo incontro è stato all’OIC, dove ero andato per una celebrazione e dove da poco era stato accolto per la malattia, e mi disse: “Che gioia vederti, non ci potevo credere, non osavo sperare… Un po’ ci contavo!”. E ci sono andato. Due episodi semplici, semplicissimi che mi hanno raccontato della fedeltà di don Luigi alla sua vocazione di servitore innanzitutto e dell’identificazione di don Luigi della sua comunità diocesana, che vedeva come riassunta nella figura e nel ministero del vescovo.
Ecco, grazie Signore per averci nutriti con il pellegrinaggio che ha coinciso con il nostro camminare di don Luigi sulla nostra terra, nella città, nel nostro comune e in questi tempi.